Orazi: il Carlo Felice nella storia di Genova

In una delle sue prime dichiarazioni rilasciate da sovrintendente del Carlo Felice alla stampa nell’ottobre dello scorso anno, Claudio Orazi sottolineò la necessità per un teatro di esplorare il tessuto storico-culturale in cui opera. Una scelta che rimanda a un’epoca in cui il teatro non era solo lo spazio in cui godere di qualche spettacolo lirico o ballettistico, ma il luogo di aggregazione di una comunità. Non a caso se nel Settecento a far costruire i teatri provvedeva l’aristocrazia, nell’Ottocento fu la borghesia, spesso, a tassarsi per avere il proprio palcoscenico di riferimento: si pensi al Teatro Modena voluto dai cittadini di Sampierdarena (destinata a una trasformazione sociale per la nascita dell’Ansaldo) o al magnifico Teatro Sociale fatto costruire dagli armatori di Camogli negli anni in cui la cittadina ligure vantava una delle flotte più importanti d’Italia. Nella sua lunga storia il Carlo Felice ha ospitato spettacoli di tutti i generi, ma anche banchetti per finanziare la spedizione dei Mille, dibattiti politici e sociali in momenti particolarmente caldi per la vita cittadina e nazionale. 

L’indirizzo culturale stabilito da Claudio Orazi assume un significato importante proprio in un momento in cui Genova è più che mai esposta a livello nazionale e internazionale per la costruzione del Ponte assunto a modello di una nuova “efficienza” nel campo delle infrastrutture. Il Carlo Felice, dunque, come possibile “modello” in campo culturale, nell’ottica di una auspicabile “specializzazione” da parte dei Teatri che o si mettono in rete per coprodurre (e ridurre i costi) o cercano un loro ambito di azione che in qualche modo li caratterizzi. Soluzioni entrambe interessanti che possono naturalmente coesistere.

Il cartellone autunnale che presumibilmente verrà reso noto nelle prossime settimane quando saranno più chiare le norme per la riapertura degli spazi chiusi e il Teatro potrà trovare le soluzioni ai vari problemi sul tavolo (200 persone al massimo ammesse, artisti compresi, organizzazione della biglietteria, riscontro della temperatura di ognuno all’entrata, dispositivi igienizzanti ecc.) prevede due titoli che rientrano appunto nella strategia indicata dal sovrintendente.

Ci sarà, ad esempio, Bianca e Fernando di Bellini, l’opera che nel 1828 inaugurò il glorioso Carlo Felice del Barabino. L’opera, va ricordato, fu messa in scena l’ultima volta nel 1978 al Margherita nel 150° anniversario di quella inaugurazione; e nell’occasione fu realizzato un convegno di studi. Orazi intende  realizzare intorno alla produzione dell’opera un seminario o una giornata di studi appunto per approfondire non solo l’opera belliniana, ma anche il contesto in cui nacque quell’allestimento genovese. E’ tra l’altro curioso ricordare che nelle lettere di Bellini dopo il debutto si leggono commenti non proprio lusinghieri: “L’orchestra … un orrore; con me andava non tanto male, ma col primo violino che, sebbene bravo, non è tanto pratico, fa delle grandi corbellerie”. Proprio per ovviare a tali incidenti, l’anno dopo fu creata la “Scuola Gratuita di canto”, poi anche strumentale con lo scopo di preparare coristi e orchestrali per il nuovo teatro. Quella Scuola, attraverso varie successive trasformazioni è l’attuale Conservatorio “Niccolò Paganini”. E sempre con riferimento alla “qualità” esecutiva, vale la pena ancora ricordare che il Carlo Felice è stato tra i primi teatri a dotarsi in Italia di un direttore stabile nella concezione moderna di tale professione: Angelo Mariani, grande artista, amico di Verdi e primo interprete italiano di Wagner.

L’altro titolo scelto da Orazi per esplorare la storia musicale della nostra città ci porta più indietro nel tempo, al 1679. C’era all’epoca in attività il vecchio Teatro del Falcone, probabilmente il secondo palcoscenico pubblico nato in Italia dopo il San Cassiano di Venezia (inaugurato nel 1637; del Falcone si hanno notizie certe a partire dal 1645).

Lì lavorò per qualche anno Alessandro Stradella che produsse molte pagine musicali pregevoli: spicca l’opera Il Trespolo tutore. “La quale – scrisse lo stesso compositore in una lettera – si fa questa per un capriccio perché è un’opera ridicola ma bellissima…. E perché qua hanno molto a genio alle cose ridicole, credo che farà scoppio infallibilmente”. I Genovesi amavano le cose ridicole, afferma curiosamente il geniale e stravagante artista romano che qualche tempo dopo avrebbe sperimentato di persona anche la “seriosità” e la scarsa voglia di scherzare dei cittadini locali: nel 1682, infatti, fu assassinato in piazza Banchi da due sicari assoldati da un marito che non aveva gradito le scappatelle sentimentali della moglie con l’ardente musicista. Al di là della nota di cronaca nera, Il Trespolo tutore è opera di  sicuro interesse non solo per la pregevole partitura, ma anche per le anticipazioni che vi si possono trovare del futuro repertorio comico italiano.

Un’ultima osservazione riguarda infine la stagione sinfonica. Anche lì Orazi vuole rinsaldare l’attività del Teatro con la storia locale, in questo caso confermando una strategia già ben collaudata negli ultimi anni. Due dei concerti inseriti nel cartellone sono infatti condivisi con il Paganini Genova Festival 2020: si tratta del concerto di Kevin Zhu (Premio Paganini 2018) che sarà al Carlo Felice il 18 ottobre con la direzione di Andrea Battistoni e di quello di Massimo Quarta (Premio Paganini 1991) che si esibirà invece il 27 ottobre con la direzione di Francesco Ivan Ciampa.