Festival dell’Eccellenza al Femminile, con Tiresias la poesia performativa svela il contemporaneo

Non poteva iniziare il modo migliore il Festival dell’Eccellenza al Femminile di Consuelo Barilari, giacché ha portato in scena Tiresias, simbolo di quella simultaneità, di quella trasformazione e di quella riscoperta che plasmano la società liquida di ieri e, ancor più, dell’oggi. Presente all’inaugurazione in rappresentanza del Comune di Genova Barbara Grosso, che tanta parte ha nelle politiche culturali e nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della Città . “Questa 18esima edizione iniziata con Gabriele Portoghese e regia di Giorgina Pi al Teatro Modena – spiega la direttrice artistica Consuelo Barilari – mette in luce il mito di Tiresia, uomo cieco che sente attraverso altre modalità ed è proprio il segno evidente del tipo di indagine a cui ci dedichiamo tramite queste icone femminili, ricordate anche col titolo all’edizione 2022. Icone che dalla storia arrivano a noi, spesso segno della distruzione del talento femminile, come dice Dacia Maraini per la sua Camille Claudel che vedremo sempre alla Sala Mercato il 10 dicembre alle 19.30 e l’11 dicembre alle 16”.

Foto courtesy stampa Claudia Pajewski
Foto courtesy stampa Claudia Pajewski

Intanto da teatro, piacevolmente pieno, si esce frastornati di stimoli dall’inizio in penombra all’accecante urlo finale, compiaciuti, se si vuole, nel riscoprire quanto antica sia la relatività dell’uomo: una relatività spazio temporale e anche sessuale, in cui la parola segue il ritmo del vivere contemporaneo. Una contraddizione, se si vuole, che vede tutto a fuoco proprio a partire dalla cecità, dall’impossibilità. Un’altalena di Poetry Slam e di tecnologia che osmoticamente tengono vive le diverse cellule della comunità. L’arte poetica della parola, della fisicità su un palco retto con maturità debordante e altrettanta autenticità da un grande Gabriele Portoghese (merito anche della regia di Georgina Pi, nota per trasformare la drammaturgia inglese in uno stile unico). Di premi ne hanno avuti tanti: Premio Rete Critica 2010, Premi IBU 2020/2021: miglior nuovo testo straniero, progetto sonoro, miglior attore performer, e così via. Quel che conta davvero è lo sguardo acceso nel pubblico, che sa interpretare la storia di un corpo capace di attraversare le strade di un mondo dalla vita alla morte e viceversa. E nella morte si prova piacere, perché la mutazione è assoluta. La musica allo stesso modo avanza e torna indietro, sorge e diventa dissolvenza, arrivando a poter essere considerata alla stregua di un altro personaggio: è prepotente tra vinili, consolle da dj e si compiace tra le pieghe dei richiami aulici e a Bob Dylan, Led Zeppelin. Ottimo lavoro, insomma, per le musiche originali del Collettivo Angelo Mai.

Del resto per vivere a pieno il nostro tempo bisogna sterzare a tutta forza riscrivere il passato, il rito collettivo, quella griglia di femminismo che dal mito dipana la complessità della società, come ben evidenziava Rosi Braidotti nel suo “Trasposizioni. Sull’etica nomade”: una filosofia dei nostri “tempi bizzarri”, della fluidità contro l’unicità. Lode anche alla regista Pi che tornerà per il Teatro Nazionale con Lemnos ( 8 novembre- 20 novembre informazioni sul sito https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/lemnos/#:~:text=Terza%20tappa%20di,tornare%20a%20casa) sempre nella bella energia della Sala Mercato ( tutte le informazioni qui: https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo_sala/mercato/), location decisamente adatta.