L’eterno fascino di Pretty woman

Chi non ricorda la scena di Julia Roberts, Vivian, sul palco dell’Opera, mentre accanto a Richard Gere, Eduard, assiste alla morte di Violetta, talmente commossa da avere (come confessa all’anziana melomane seduta accanto) “le budella aggrovigliate”?

Girato nel 1990, Pretty woman è entrato nella storia del cinema ed è certamente fra i film più visti e rivisti di questi ultimi trent’anni: come non amare la ventitreenne Julia Roberts, bellissima e di una simpatia travolgente, che con quel film si impose come star indiscussa a livello internazionale!

Tale il successo che Gary Marshall e Jonathan Lawton, (rispettivamente regista e sceneggiatore della pellicola a suo tempo campione d’incassi) hanno firmato una trasposizione teatrale, trasformando la pellicola in un musical applaudito ieri sera al Politeama Genovese da una platea affollatissima che al termine dello spettacolo ha cantato con i protagonisti la celebre sigla del film. L’operazione, sulla carta, era alquanto rischiosa. Il ritmo narrativo del film, la varietà delle scene, la grande personalità dei due protagonisti (con la splendida Julia, anche Richard Gere, all’epoca il divo più amato dal pubblico femminile), ma anche la caratterizzazione degli altri personaggi “minori” (l’esuberante amica prostituta di Vivian, il saggio direttore dell’Hotel che si trasforma in maestro di buone maniera per salvare la stessa Vivian): un insieme di fattori da rendere ardua la riduzione su una scena.

L’esito, invece, è assolutamente positivo perché sceneggiatori e regista (Carline Brouwer) appoggiandosi sulla perfetta scena mobile di Carla Janssen Höfelt hanno ripreso tutto quel che era possibile recuperare dalla pellicola, ma nello stesso tempo, hanno saputo creare quelle varianti utili a reìndere l’azione teatrale. Ad esempio la divertente scena in cui Vivian impara a riconoscere le posate per il pranzo cui è invitata, è trasformata in una lezione di ballo. Unica scena forse discutibile, quella a teatro in cui Vivian si commuove alla storia di Traviata. Nel film la coppia è in primo piano e nello sfondo c’è la scena verdiana, qui la situazione è capovolta e in più il commento musicale del protagonista si mescola con il canto verdiano che abbandona il supporto strumentale originale a favore di un arrangiamento moderno, il che fa perdere un po’ di interesse alla scena.

A proposito della musica, scritta da Bryan Adams e Jim Vallance, ci si sarebbe aspettato qualcosa di più travolgente, tuttavia nell’insieme è funzionale e scorre piacevolmente grazie anche alla bravura di un cast sul piano del canto, della recitazione e della danza. Spiccano i due protagonisti, la esile e scatenata Beatrice Baldaccini e Thomas Santu. Ma bravissimi anche tutti gli altri, Martina Ciabatti Mennell, Gabriele Foschi, Cristian Ruiz, Lorenzo Tognocchi.

Applausi calorosissimi, repliche stasera e domani.