Il Cortile Maggiore di Palazzo Ducale ha accolto ieri sera il pubblico genovese per il concerto di apertura della rassegna “Notturni en plein air”, organizzata dalla GOG. Il primo appuntamento è stato affidato al pianista Gianluca Faragli. Il cielo aperto, la luce morbida e il silenzio raccolto della pietra antica hanno creato un contesto ideale per l’ascolto e la contemplazione, subito rafforzato dall’atmosfera musicale intensa e sospesa che si è generata fin dalle prime battute.
Il concerto è cominciato come un dialogo, una narrazione condivisa: il pianista Gianluca Faragli ha introdotto personalmente i primi tre brani in programma, spiegando al pubblico la struttura, le scelte armoniche e i legami tra i pezzi. Una scelta ideata con intelligenza e sensibilità, che ha preparato l’ascoltatore all’esperienza, rendendolo partecipe fin dall’inizio. L’esecuzione unificata di “Darknesse Visible” di Thomas Adès, la Fantasia op. 109 di Ferdinand Ries e i Fantasiestücke op. 111 di Robert Schumann ha seguito una logica musicale raffinata: l’accordo di dominante con cui si chiude Adès trovava la sua risoluzione naturale in Ries, e da lì il passaggio a Schumann diventava organico, quasi inevitabile.
Particolarmente sorprendente è stato l’ascolto di Thomas Adès. Fin dalle prime note ho percepito un mondo sonoro che sembrava oltre la realtà, essenziale ma non freddo, con una linea melodica non troppo esplicita, minimalista ma non secca. Tutto era a misura giusta, dosato con equilibrio: la memoria andava alle scene dei film di Antonioni, una narrazione sospesa, evocativa, con tratti del neorealismo italiano.
Mi ha talmente incuriosito questo brano che, tornata a casa, sono andata a cercare di più: ho scoperto che Darknesse Visible è stato composto nel 1992 ed è una reinterpretazione radicale per pianoforte solo della canzone elisabettiana “In Darknesse Let Mee Dwell” di John Dowland (1563–1626). Un’esperienza intensa, immersiva, perfettamente in sintonia con lo spazio e il tempo della serata.
L’intero programma rifletteva una ricerca repertoriale, una coerenza estetica e una profonda musicalità. La Sonata Reminiscenza op. 38 n. 1 di Nikolai Medtner e il conclusivo “Vers la flamme” di Skrjabin hanno portato il pubblico in una dimensione sempre più visionaria. Anche in questo caso, Faragli ha introdotto le opere con parole illuminanti, raccontando in particolare l’approccio mistico e profetico di Skrjabin. Pur non trattandosi del celebre Mysterium — il progetto utopico pensato per essere eseguito per sette giorni ai piedi dell’Himalaya e destinato a dissolvere il mondo e farlo rinascere nella luce — “Vers la flamme” ne condivide lo spirito. Come ha suggerito il pianista, questo brano sembra evocare il ciclo della distruzione e della rigenerazione, come una fenice che si consuma per poi rinascere, trasformando in suono una visione estrema e assoluta.
La platea era quasi completamente piena, con poche eccezioni, e il pubblico ha accompagnato l’artista fino all’ultimo brano con un ascolto partecipe e raccolto. Al termine, un lungo e caloroso applauso. Faragli ha concesso due bis: una reinterpretazione del Preludio in Do maggiore di Bach, e un brano di Liszt.
Un inizio straordinario per un ciclo dedicato alla notte, al sogno e alla forza evocativa del suono.