Nicola Piovani e le sue splendide “note a margine”

“Quando tutta la nostra tecnologia sarà solo antiquariato, ci sarà ancora qualcuno che si metterà in viaggio per salire su un palcoscenico e cantare o suonare. E ci sarà qualcuno che uscirà di casa per andare ad ascoltare”. E’ il “miracolo” della musica dal vivo che Nicola Piovani, magnifico protagonista, ieri sera, nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale(affollato all’inverosimile) di uno splendido spettacolo, ha esaltato. L’artista, del resto, non ha mai fatto mistero della sua avversione nei confronti del bombardamento cui siamo quotidianamente sottoposti ovunque: stazioni, aeroporti, locali, costringono a un ascolto passivo di eventi sonori che finiscono per configurarsi come sottofondi inutili e dannosi al nostro udito.

Ben venga quindi il “concerto dal vivo”, anche se lo stesso Piovani ironizza sul termine: “Non riesco a trovare il contrario…”

Ospite dell’Associazione Ottavio Ciro Zanetti, Premio Oscar per la straordinaria colonna sonora di “La vita è bella” di e con Roberto Benigni, Piovani (una esperienza giovanile anche accanto a De Andrè, nel 1971 per “Non al denaro, non all’amore né al cielo”)

vanta una produzione notevolmente ampia nel campo cinematografico, con collaborazioni che includono i fratelli Taviani, Moretti, Monicelli, Fellini, oltre al citato Benigni.

Lo spettacolo era nato anni fa per il Festival di Cannes e all’epoca era intitolato “pomposamente” (come ha sottolineato lo stesso Piovani) “Leçon”. Nella sua trasposizione italiana, l’autore ha preferito il titolo di “Note a margine” assai più consono allo stile adottato dall’artista: una serie di annotazioni, di ricordi, fra un brano e l’altro, per condurre il pubblico nella magia della storia del cinema italiano, aiutato dalla proiezione, su grande schermo, di immagini tratte dai diversi film e alternate a disegni di Milo Manara, le sue bellissime e sempre sensuali donnine.

Accanto a Piovani, sul palco c’è un trio di ottimo livello: la splendida sax Marina Cesari dal fraseggio elegante e duttile, i bravissimi Marco Loddo, contrabbasso e Vittorino Naso, percussioni.

Fra una esecuzione e l’altra, l’artista, dunque, passeggia sul palco e racconta. E mergono aneddoti che coinvolgono ad esempio due mostri sacri del cinema, Monicelli o Fellini: “Che posso dirvi di Fellini che ancora non si sappia. Solo quanto sia stato importante e gioioso per me, lavorare con lui, non tanto per il cinema, ma per la poetica della vita quotidiana. Vi racconto un episodio insignificante. Stavamo lavorando a “La voce della luna” e per il mixaggio eravamo a Cinecittà. Fellini non guidava e quasi sempre a metà del turno per pomeriggio mi chiedeva di riaccompagnarlo a casa, per chiacchierare insieme durante il tragitto. Un giorno mi disse che gli avevano insegnato una scorciatoia per evitare il traffico nelle ore di punta. Gira che ti rigira ci ritroviamo su uno spiazzo, nel buio, tra copertoni abbandonati, mobili buttati. Lui esce dall’abitacolo e mi chiama esaltato perché voleva che guardassi il panorama che definì sornionamente postatomico, illuminato dalla luna appena sorta. Ma ci eravamo persi. Il giorno dopo vuole ritentare. Gli dico che corriamo il rischio di perderci un’altra volta e lui mi risponde “Speriamo””.

Piovani si dimostra un ironico showman sin dall’inizio. Il primo brano proposto da solo al pianoforte è tratto dal film dei fratelli Taviani “La notte di San Lorenzo”: “Ero molto giovane quando mi venne proposto questo lavoro, incentrato sul tema della resistenza. Mi pareva anacronistico, ormai, pensavo, è un problema superato è inutile parlarne. E invece, quarant’anni dopo, ci si rende conto che è quanto mai attuale”.

Nata come “musica d’uso”, sottoposta alle rigide regole delle sequenze cinematografiche, una colonna sonora ha il compito di amplificare la suggestione delle immagini per le quali è creata, in teoria vi si dovrebbe “annullare”, lo spettatore, cioè non dovrebbe essere “distratto” dalla musica, ma percepirla come una componente essenziale della sequenza cinematografica. Nella realtà i grandi maestri (a partire da Prokof’ev e, in Italia, da Rota) hanno scritto pagine che pur funzionali alle atmosfere della pellicola, vantano un loro autonomo, ineccepibile valore artistico. Pagine come quelle scritte da Piovani per “La vita è bella”, “La messa è finita”, “La voce della luna” sono straordinarie di per sé per invenzione tematica e per ricchezza armonica. Al pianoforte, Piovani mostra una padronanza della tastiera e una varietà di tocco davvero ammirevoli, ben assecondato dal citato trio che opera in perfetta sintonia.

Ogni brano (da “La notte di San Lorenzo” a “caro Diario”, da “La voce della luna” a Good morning Babilonia”) sono stati accolti da calorosi applausi, ma “La vita è bella” ha suscitato un’autentica ovazione.

Una sezione del concerto, uscendo dall’ambito strettamente cinematografico, era dedicato alla mitologia: “La danza dei sette veli”, “I volo di Icaro”, “Partenope”. La mitologia, ha detto Piovani “parla degli uomini, continua a parlare di noi. E oggi molto spesso viene citata non sempre con cognizione di causa”. Applausi finali interminabili. Piovani ha regalato un bis, “La melodia sospesa”, una elegante, raffinata linea cantabile affidata alla voce calda del sax che rimane irrisolta su un accordo di settima: come dire, “La musica continua”.