Nelle sue stagioni incentrate normalmente sulla produzione cameristica, la Giovine Orchestra Genovese, in ossequio alle sue origini, inserisce talvolta un appuntamento sinfonico che costituisce un evento, ancor più di richiamo se il programma è particolarmente “appetibile”.
Così è stato ieri sera. Sul palcoscenico del Carlo Felice è arrivata la Nordwestdeutsche Philharmonie, una delle principali orchestre della Renania settentrionale, la terra che ha dato i natali a Ludwig van Beethoven.
A proprio a Beetoven era dedicata bjuona parte del programma con due partiture che sono fra le più amate e popolari del suo repertorio: il Concerto n.5 “Imperatore” per pianoforte e orchestra e la Sinfonia n.5.
Sul podio c’era Jonathan Bloxham che del complesso tedesco è il direttore principale da pochi mesi, ma che ha dimostrato sin da subito di essere in perfetta sintonia con gli strumentisti.
In apertura, dunque, il magnifico Concerto n. 5. Come è noto, con Beethoven il pianoforte acquisisce spesso un respiro orchestrale e nel Concerto n.5 si assiste a una vera e propria “lotta fra titani”: da una parte l’orchestra vera e propria, dall’altra il pianoforte, massiccio, sonoro che ora conduce il discorso, ora “accompagna” con accordi o rapide evoluzioni lo strumentale. Ma se è vero che Beethoven è spesso aggressivo, eroico, è anche vero che nei movimenti lenti, sa abbandonarsi a un lirismo di profonda eleganza: è il caso dell’Adagio di questa partitura che è fra i più poetici del suo repertorio, un melodismo semplice, eppure toccante.
In veste solistica, ieri sera, c’era Barry Douglas, strumentista di indubbie doti tecniche, accompagnate tuttavia da una lodevole duttilità sonora: fraseggio puntuale e limpido, sonorità robuste, ma anche un tocco leggero e “pieno” nei momenti più introspettivi. Una bella esecuzione, insomma, sostenuta egregiamente da Bloxkham e dall’orchestra e accolta da molti applausi. Come bis Douglas ha proposto una pagina di Brahms.

La seconda parte del concerto si è aperta con una interessante partitura del compositore italiano (direttore dell’Accademia Chigiana di Siena) Nicola Sani, “Riflessioni sull’indifferenza” per flauto contralto e archi. Il lavoro era nato in realtà per voce recitante e archi con un testo di Luigi Pestalozza. In un secondo tempo, Siani ha sostituito alla voce il flauto con il compito di essere “la parte recitante” mentre gli archi commentano, sostengono e a tratti sovrastano. Nella esecuzione di ieri sera cinque archi si sono collocati sul palcoscenico alle spalle del flautista mentre gli altri a coppie si sono posizionati sulle balconate laterali o in galleria. Un gioco di effetti fra interventi stridenti e note sospese che ha creato un ascolto stereofonico particolare. La scrittura del flauto si è invece incanalata in una ricerca di soluzioni tese a imitare la voce umana con modalità anche complesse per l’ottimo esecutore, Eric Lamb, al termine giustamente festeggiato insieme al direttore, agli orchestrali e al compositore salito sul palcoscenico.

Infine, la Quinta di Beethoven, la sinfonia in assoluto più famosa di tutta la storia della musica. Bloxham, gestualità a tratti curiosa, ma efficace, si è rivelato un lettore trascinante, attento a evidenziare i minimi particolari senza mai perdere una visione dell’insieme, elemento essenziale questo in una partitura che vanta una notevole compattezza architettonica data anche da elementi ricorrenti.
Applausi interminabili e per bis un fluido, raffinato allegro di Haydn restituito con una ricerca ammirevole del suono.
