Francesca Dego, quando il violino ti parla

Il secondo appuntamento della stagione sinfonica del Teatro Carlo Felice, dedicato al tema “Russia & America”, ha guidato il pubblico attraverso un percorso musicale in apparenza lontano, ma sorprendentemente coerente nella sua profondità emotiva.

Particolarmente significativo, e quasi simbolico, è stato sapere che Francesca Dego fosse arrivata appositamente da New York per questo concerto, per poi ripartire immediatamente. Un gesto che conferisce all’evento un valore ancora più raro e prezioso, come un dono consegnato al pubblico genovese.

La sua interpretazione della Sérénade mélancolique ha rivelato fin dalle prime battute una voce profondamente personale. Non cercava di soffermarsi sulla sonorità di ogni singola nota o sul legame tra una e l’altra — come spesso si ascolta in molte interpretazioni del brano. Al contrario, cercava di dare respiro, di lasciare che la musica parlasse tramite il violino, come se un pensiero interiore, una riflessione musicale, trovasse finalmente una voce. E se a un pensiero si dà una voce, quella voce non può essere tutta unita. Così la frase nasceva e si apriva naturalmente, come un discorso intimo che affiora senza essere costretto. La Sérénade assumeva la forma di una confessione musicale, più che di un brano costruito: qualcosa di vivo, parlato, respirato.

Lo spettatore, catturato da questa narrazione, finiva per dimenticare completamente la difficoltà tecnica del brano — una qualità tipica dello stile interpretativo di Francesca Dego.

Questo approccio così umano e pensato ha creato un ponte ideale verso il Concerto per violino di Samuel Barber, che la violinista ha interpretato mantenendo quella stessa sincerità narrativa. L’Allegro iniziale si è disteso in un fraseggio naturale, ampio, quasi vocale, seguito da un Andante sospeso, crepuscolare, trattato con una dolcezza mai indulgente. Nel Presto in moto perpetuo conclusivo, invece, la brillantezza tecnica è emersa con una lucidità impeccabile, mai ostentata, come un’energia interna che scorreva senza toccare la superficie.

Il pubblico, profondamente coinvolto, ha restituito a Francesca Dego un calore immediato e spontaneo: applausi lunghissimi ai quali la violinista ha risposto con due bis, prima il Kaprys Polski (Polish Capriccio) di Grażyna Bacewicz, travolgente e virtuosistico, pieno di carattere; poi di Bach, la Giga dalla Partita n. 2 offerto con una purezza di linea che ha riportato l’ascolto in una dimensione raccolta, quasi sospesa.

Nella seconda parte del concerto la Sinfonia n. 2 di Borodin ha ricondotto l’attenzione su un Ottocento dal suono compatto e caldo, con un’orchestra che ha saputo restituire con misura e naturalezza le atmosfere nobili e luminose della partitura. La direzione di Christopher Franklin, chiara e ben equilibrata, ha garantito trasparenza ai piani sonori e un andamento narrativo scorrevole, senza eccessi.

La serata si è conclusa con una sensazione di compiutezza e sincerità artistica: Russia &

America non è stato solo un confronto tra due culture, ma un passaggio continuo tra stati emotivi, condotto da una solista capace di trasformare ogni frase in un pensiero che prende voce.

Francesca Dego, con il suo violino che parla, respira e dà forma alla musica, ha riportato al centro l’essenza stessa dell’ascolto.