Peirolero, e il coraggio di guardare avanti

Quando si parla di Carla Peirolero si pensa immediatamente al Suq Festival e, di conseguenza, a uno degli appuntamenti estivi più attesi dai genovesi, che per fortuna anche quest’anno si è svolto nonostante il Covid, anche se a causa della pandemia è slittato a fine estate.

Ma il Suq non è tutto. Infatti il Festival è solo uno degli appuntamenti che Chance Eventi – l’associazione fondata da Carla Peirolero e Valentina Arcuri – organizza e gestisce durante l’anno. Una realtà nata con l’intento di creare chance di conoscenza, scambio e dialogo tra culture attraverso il teatro, la musica, l’arte. In oltre 20 anni hanno prodotto numerosi spettacoli teatrali e iniziative artistiche incentrate su tematiche sociali ed educative con un occhio di riguardo ai giovani e con un’attività formativa all’interno delle scuole; tutte iniziative che con le nuove restrizioni rischiano di avere una significativa battuta d’arresto. Ma Carla Peirolero, che in passato ha più volte denunciato le difficoltà che devono affrontare realtà come la sua, da vero cavallo di razza, non ha prestato il fianco a vittimismi e polemiche e si è, come sempre, rimboccata le maniche.

 Come è la situazione adesso per voi?

«Le difficoltà ci sono, non posso negarlo, ma ci stiamo adattando alla nuova situazione. Per esempio il progetto “Certosa quartiere condiviso” vincitore del Bando Civica della Compagnia San Paolo, che aveva preso avvio nell’ottobre 2019 e che si sarebbe dovuto concludere in questo mese con uno spettacolo itinerante, slitta a marzo. Quando c’è stato il primo lockdown abbiamo dovuto interrompere il programma per poi riprenderlo con delle soluzioni online tra cui dei video-racconti multilingue.  Abbiamo anche raccolto le testimonianze degli abitanti di Certosa e i bambini ci hanno mandato dei disegni via mail. Ora ci siamo rivisti a luglio per riprendere i laboratori teatrali, coinvolgendo i cittadini, ma adesso è di nuovo tutto in stand by».

 

Che cosa pensate di fare?

«Dovremmo ricorrere ai laboratori online anche  se certi progetti hanno bisogno di relazione, la speranza è quella di poterci ritrovare magari facendo i corsi al Chiostro della Certosa. Per adesso comunque ci dobbiamo orientare verso una sorta di programma online con video letture multilingue: brevi racconti nella doppia lingua. Ci piacerebbe diffonderli anche nelle scuole elementari e medie e con l’aiuto di formatori, che fanno già questo lavoro, insegnare ai ragazzi come poter registrare da soli dei video. Questo aiuterebbe anche l’integrazione perché Certosa è  un luogo di immigrazione, ed è importante ridare valore alla diversità».

Altri progetti?

«A breve faremo il rendiconto della 22esima edizione del Suq e poi dobbiamo già iniziare a lavorare su quella del 2021 visto che il Ministero vuole la documentazione già per fine gennaio».

 Sempre in trincea…

«Questo periodo è difficilissimo per le realtà medio piccole. I grandi hanno la capacità e le strutture per reggere, magari anche grazie a qualche ammortizzatore. Per noi invece è basilare, per sopravvivere, il rapporto diretto con il pubblico e con gli sponsor. Adesso sto parlando nella veste di imprenditrice, ma se penso a noi artisti la situazione è ancora più preoccupante».

In effetti non sembra esserci la luce in fondo al tunnel.

«Perché non c’è alcuna forma di tutela. L’unico vantaggio è che noi attori siamo allenati alla precarietà. Però, vedo che adesso si fa più fatica. Nella prima fase c’era più reattività, ora più smarrimento e meno voglia di fare. All’inizio in molti si sono riversati sui social, ma alla fine sono operazioni che non portano risorse. Mentre io penso che portare, davvero, il  teatro in televisione sarebbe una chiave di volta, ma bisognerebbe parlarne adesso, progettare, investire. Un progetto del genere deve avere dietro una  struttura. Invece c’è il quotidiano che ti sommerge. Ma sono convinta che ci vorrebbe una visione ad ampio raggio, creare un canale, investire in quel senso».

Comunque anche in questo periodo buio al Suq non mancano le buone notizie?

«Sì, siamo stati coinvolti in un progetto dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra. Margherita Laera della Kent Univerity che ci conosce perché si occupa dei temi della migrazione ha ideato il progetto Performing Italy. Realizzeremo 7 video-ritratti di quindici minuti l’uno con artisti che hanno un passato da migranti e un percorso legato al Suq Festival».

Ma c’è anche un traguardo personale?

«Sì ho vinto, con il Suq, il Premio Asini 2020. Il Premio ideato da Goffredo Fofi che è destinato ad artisti e operatori culturali. Mi hanno anche regalato una meravigliosa scultura di Nicola Genco che tengo sempre in bella vista».

 Bene! È l’anno in cui trionfano gli asini visto che è il simbolo del partito democratico degli Stati Uniti!

«Davvero? Non lo sapevo. In effetti io lo ritengo un animale che mi rappresenta bene: testa dura, ma guardando sempre avanti».