Il 3 aprile 1985 l’allora Teatro Comunale dell’Opera di Genova propose nella sua stagione primaverile Aida. L’opera verdiana mancava dalle scene cittadine dal 1959; era stata realizzata in realtà anche nel 1978, ma negli spazi aperti dei Parchi di Nervi. Quella edizione del 1985 era una sfida lanciata dal regista Attilio Colonnello agli spazi angusti del Politeama Margherita, prestato alla lirica a partire dal 1963, anno in cui il vecchio Carlo Felice fu definitivamente chiuso per essere restaurato (e invece, come è noto, venne poi abbattuto).
L’estroso Colonnello inventò una regia a dir poco geniale che ebbe il suo momento culminante nella celebre Maria Trionfale: non c’era spazio sufficiente per garantire una parata di comparse come si usa in quel particolare frangente dell’opera e allora il regista inventò un passaggio sotto il palco che consentiva a poche comparse di sfilare sul palcoscenico, scendere rapidamente sotto il palco, tornare dall’altra parte (affacciandosi vestiti da antichi romani sulla via esterna, tra la curiosità dei passanti) e ripresentarsi davanti al pubblico. Una fastosa parata fatta da pochi mimi e molto ingegno.
Quello spettacolo, insieme a tanti altri, torna alla mente in questi giorni che segnano il trentesimo anniversario dell’abbandono del Margherita da parte dell’Ente lirico: nell’ottobre 1991, come è noto, si aprì il nuovo Carlo Felice e nel febbraio precedente prese il via, dunque, l’ultima stagione lirica nel Teatro di via XX Settembre: Così fan tutte di Mozart affidata alla bacchetta di Jurij Simonov e poi Traviata con Tiziana Fabbricini, all’epoca sulla cresta dell’onda per aver cantato Violetta alla Scala con Muti e, infine, Andrea Chénier di Giordano con Giuseppe Giacomini, Giorgio Zancanaro, Ghena Dimitrova, la direzione di Paolo Olmi e la regia di Attilio Colonnello.
1885 – L’inaugurazione
La storia del Margherita è illustre ed importante.
Era stato inaugurato la sera di Natale del 1885. Un palcoscenico privato, gestito da Daniele Chiarella, uno degli impresari più autorevoli dell’epoca, già proprietario dell’Arena Alessi e del teatro Alfieri. Chiarella aveva acquistato il Teatro Doria (in attività dagli anni Cinquanta dell’Ottocento) e lo aveva del tutto ristrutturato con l’obbiettivo di farne il principale antagonista del Carlo Felice. Sala lussuosa, foyer eleganti. E, almeno inizialmente, spettacoli di richiamo. Nel 1890, ad esempio, a dirigere Mignon e Carmen fu ingaggiato un giovane e già autoritario artista, destinato a entrare nel firmamento musicale internazionale, Arturo Toscanini. Si racconta un divertente aneddoto relativo ai rapporti fra i due artisti. Un giorno Chiarella stava scopando il vestibolo del teatro quando si presentò Toscanini con un aut-aut: o raddoppiare i cori per la Carmen o rinunciare alla sua direzione. Qualunque altro direttore sarebbe stato cacciato fuori a pedate, Chiarella non era tipo da farsi mettere i piedi addosso. Ma evidentemente l’impresario sapeva fiutare i cavalli di razza e con Toscanini non fece una piega: raddoppiò i cori, non solo, ma sostituì anche parte degli orchestrali per l’opera di Thomas.
Il Margherita fu per anni con il Teatro Paganini e il Politeama Genovese, una delle sale private alternative al Carlo Felice in un’epoca in cui si registrava una ricca produzione operistica.
Poi, gradualmente iniziò il declino anche per la concomitante ascesa di spettacoli nuovi che minavano il monopolio fino ad allora esercitato dalla lirica, come il cinema e gli sport di massa, dal ciclismo al calcio alla boxe. I Teatri, compreso il Margherita, corsero al riparo. Si arrivò persino a montare ring sul palcoscenico per offrire incontri di boxe, così come nel secondo dopoguerra schermi disseminati nei foyer consentivano di ammirare il quiz televisivo Lascia o raddoppia di Mike Bongiorno, prima di seguire l’opera lirica in cartellone!
Il bombardamento del 1942 rase al suolo quasi tutti i teatri genovesi: resistette il Teatro Modena a Sampierdarena, mentre il Carlo Felice fu sventrato dalle bombe incendiarie.
1957 – Il ritorno e la lirica
Il Politeama Margherita fu ricostruito nel 1957 nei fondi di un palazzo, così come si fece per il Politeama Genovese, in una nuova visione urbanistica.
Fu Gilberto Govi, il 10 ottobre 1957 a tenere lo spettacolo inaugurale al Margherita che appariva assai diverso nella struttura da quello distrutto dalle bombe. Non più una sala all’italiana, a ferro di cavallo con platea e tanti palchi, ma 1936 posti ripartiti fra platea, galleria, 38 palchi e 2 galleriette. Palcoscenico ridotto, 26 metri di larghezza e 15 di profondità. Sufficiente, del resto per gli spettacoli per cui era stato ricostruito, ovvero la la prosa e la rivista musicale. Però la chiusura del Carlo felice, cambiò i piani e nel 1963 il Margherita divenne il tempio della lirica e, nonostante, i limiti, fece il suo dovere per ventotto anni. Lì i melomani videro nel tempo trionfi e fiaschi: rimangono nella storia della lirica genovese i fischi alla Traviata del 1983 con Joan Sutherland, Lamberto Furlan e la direzione di Richard Bonynge e al Mefistofele firmato nel 1987 dal provocatorio Ken Russell, ma non si può dimenticare la bella stagione beethoveniana del 1970 con alcuni concerti di pregio così come meritano una segnalazione le prime cittadine della Clemenza di Tito (1980), di Lulu (1982), di Erwartung (1983) o il ritorno di Luciano Pavarotti in Boheme (1986). Con l’apertura del nuovo Carlo Felice, il Margherita sopravvisse ancora per poco, come palcoscenico per spettacoli più leggeri e poi, dopo un dibattito articolato sul suo impiego futuro nel settore culturale, nel 1998 scomparve definitivamente per trasformarsi, non senza polemiche, in un grande magazzino.