Le eleganti sottigliezze di Irene Buselli

Musica e matematica sembrano appartenere ad ambiti culturali e mentali totalmente diversi. Ma non è così. La saggezza medioevale collocava entrambi nel Quadrivium e del resto la musica è costruita su rapporti numerici. Non solo: entrambe hanno nell’astrattezza una loro caratteristica. La matematica è la più teorica fra le discipline scientifiche, la musica fugge nel tempo, è in continuo divenire. “La musica è figurazione dell’invisibile”, ha scritto Leonardo da Vinci.

La lunga premessa per presentare una giovane cantautrice genovese, Irene Buselli, 26 anni. Professione principale: la matematica. Passione principale: la musica.

Nella seconda, l’artista immette il rigore e il controllo formale che le derivano dalla prima, mostrando contemporaneamente una bella fantasia inventiva.

Sere fa l’abbiamo ascoltata al Teatro della Tosse in un incontro-aperitivo di presentazione del suo ultimo singolo, Così sottile, per Pioggia Rossa Dischi, primo tassello di avvicinamento all’album d’esordio in arrivo nel corrente anno.

Il brano, e l’album in arrivo, vedono la produzione artistica di FiloQ  e Raffaele Rebaudengo storico componente dello Gnu Quartet.

“Ho iniziato a scrivere Così sottile – ha raccontato Irene Buselli – pensando di raccontare, finalmente, la storia di qualcun altro. Avevo ragione, ma anche completamente torto: la mia canzone meno autobiografica ha finito per essere quella che più di tutte parla di me. Così sottile sono io, lo sono stata sempre – quella che non alza mai la voce, quella che non si fa notare, quella che occupa poco spazio – e ci ho messo anni a capire che questo non significa lasciare che gli altri ti camminino addosso, e che anche nella sottigliezza si può essere forti, forti quanto basta per allontanarsi da ciò che ti fa male. Quando ho iniziato a cantarla, però, ho scoperto che mi sbagliavo ancora: Così sottile non parla solo di me. Siamo in tanti e, soprattutto, in tante, a sentirci così, con la voce che si spezza e i polsi troppo fragili. E invece, quasi sempre, siamo spesse abbastanza. Almeno abbastanza da essere libere”.

Un canto di ribellione e di libertà, insomma, che la giovane artista costruisce con gusto, da una parte giocando sui diversi significati della parola sottile (dalla esilità di un corpo, alla raffinatezza dell’intelligenza, all’arma dell’ironia), dall’altra impostando un discorso musicale che inizia con un filo di voce e gradualmente cresce su se stesso per coinvolgere più strumenti e approdare a una linea di canto più sostenuta e decisa che evidenzia anche le sue buone qualità interpretative.

Un bell’esordio.