I tesori dei Due Foscari

Una delle caratteristiche che hanno reso geniale Giuseppe Verdi come uomo di teatro è stata la capacità di cambiare, rimanendo sempre se stesso. Verdi era attuale quando nel 1839 esordiva con Oberto Conte di San Bonifacio; ed era di una modernità assoluta nel 1893 quando si congedava con Falstaff. Il suo teatro, insomma, è stato in continua evoluzione con alcuni capolavori a fissare le diverse tappe e altre opere a fungere da “laboratorio”, da studio preparatorio.

Fra queste si può annoverare I due Foscari che ieri sera ha debuttato al Carlo Felice in una produzione dello stesso Teatro genovese.

Strano destino quello di quest’opera che Verdi compose su libretto del fido Piave, tratto dall’omonimo poema drammatico di Byron.

Nel vecchio Carlo Felice del Barabino aveva fatto la sua prima apparizione nell’aprile del 1845, pochi mesi dopo il debutto assoluto a Roma. Era stata accolta con molto favore, la critica aveva lodato l’orchestrazione raffinata e evidenziato la bellezza di alcune parti vocali.

Però se nei primi anni successivi al debutto l’opera ebbe diversi allestimenti (tredici entro gli anni Sessanta dell’Ottocento), gradualmente l’attenzione si diradò: quattro sole riprese fra gli anni Settanta e la fine del secolo e nessuna rappresentazione a Genova dopo il 1895. Ci si può chiedere il motivo di questa “dimenticanza”. E le ragioni stanno probabilmente nell’essere “I due Foscari” essenzialmente un’opera di transizione, come si è accennato sopra.

Un’opera in cui non succede praticamente nulla perché il finale è già chiaro dall’inizio, non possono esserci colpi di scena. Eppure alcuni elementi ne fanno non solo un lavoro pregevole sul piano musicale (l’aria del Doge “O vecchio cor”, o il terzetto del secondo atto, o, ancora, la drammatica scena finale), ma anche anticipatore di alcuni grandi temi del successivo teatro verdiano, ad esempio le opere politiche del periodo successivo alla trilogia popolare: basti pensare al dissidio interiore del Doge che da una parte deve piegarsi alla legge e dall’altra vorrebbe salvare il figlio ingiustamente condannato. Nella sua impietosa solitudine sembra intravvedere accenti che saranno di un altro gigantesco doge verdiano, Simon Boccanegra.

La riproposta dei Due Foscari, insomma, è stata una buona occasione per approfondire alcuni aspetti del Verdi meno conosciuto, eppure di notevole interesse.

Sul piano musicale, il Teatro si è affidato a un verdiano doc qual è Renato Palumbo. Una lettura, la sua, incisiva, ricca di pathos, ma anche di slanci lirici, con una buona attenzione al sostegno delle voci, anche se non sempre l’equilibrio fonico fra palcoscenico e buca è parso ottimale (soprattutto nella fase iniziale). Una esecuzione comunque ineccepibile. Il cast poggiava su tre artisti di sicura affidabilità.

Franco Vassallo è stato un eccellente Doge. Artista duttile e musicalmente intelligente, Vassallo ha messo al servizio del personaggio uno stile vocale capace di piani interpretativi differenti, dalla emissione morbida e calda, agli scatti impetuosi, evidenzianti soprattutto nella già citata, applaudita scena finale.

Quella duttilità è in parte mancata agli altri due protagonisti: Fabio Sartori e Angela Meade rispettivamente Jacopo e Lucrezia, artisti di grande temperamento, hanno invece puntato su una vocalità generosa e possente che il pubblico ha comunque mostrato di gradire con calorosi applausi. Completavano il cast Antonio Di Matteo, Saverio Fiore, Marta Calcaterzza, Alberto Angeleri, Filippo Balestra.

Bene, nell’insieme, il coro, diretto da Claudio Marino Moretti (da segnalare i fiori offerti al termine del primo atto alla corista Elena Rozo che al termine di questa produzione andrà in pensione) e l’orchestra.

Regia e scenografia portavano la firma di Alvis Hernanis. Una lettura ordinata (movimentata da qualche modesta invenzione mimica), calata in un impianto essenziale con quinte asettiche e scorrevoli ed eleganti fondali a rendere l’ambiente veneziano. Belli i costumi di Kristine Juriane. Le azioni coreografiche erano di Alla Sigalova con il Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS.