Canto dell’ira: Elena Dragonetti racconta la stupidità della guerra

Nell’antica Grecia il filosofo Aristotele riteneva la musica un ozio, ma, aggiungeva, l’uomo libero per poterne godere appieno doveva conoscerla. Conoscerla ma non praticarla. Un altro filosofo, Aristòsseno, condivideva la posizione del più illustre collega solo in parte: per goderne davvero, occorreva comunque averne una conoscenza “pratica”.

Su questa  affermazione si basa tutt’oggi molta didattica: l’approccio pratico, diretto a una materia (sia la musica o altro) garantisce una assimilazione più completa e soddisfacente.

Il discorso si può allargare naturalmente anche al teatro. E queste considerazioni  mi sono state suggerite dal magnifico spettacolo visto ieri sera alla Sala Mercato del Teatro Modena. Magnifico per la concezione e per la realizzazione che ha visto sul palcoscenico giovani studenti alle prese con un tema di particolare e tragica attualità.

Il canto dell’ira prodotto dal Teatro Nazionale e presentato in prima assoluta si basa su un testo di Carlo Orlando e si avvale della regia di Elena Dragonetti.

Orlando, sulla scia del poema omerico dell’Iliade racconta la guerra di ieri e di oggi: “Troia deve essere distrutta”, ripete il poeta cieco attraversando il palcoscenico, in un imperativo categorico che non ha bisogno di spiegazioni né di motivazioni. E’ l’inspiegabile, stupida ineluttabilità della guerra, al tempo di Omero come nella realtà odierna. E dunque i grandi eroi del passato da Ettore a Achille si mescolano con i protagonisti di oggi, da Hiroshima a Gaza, in un affastellarsi di miserie e di rovine che non salva  né i vinti né i vincitori.

Un momento dello spettacolo (Foto Pisani)

 

La regista Elena Dragonetti, in una scena (a firma  Anna Varaldo), spoglia con pochi elementi decorativi (una vasca, mazzi di fiori, veli che calano dall’alto) ha realizzato una lettura di particolare fascino emotivo. In scena agiscono tre attori professionisti (Paolo Li Volsi, Virginia Campolucci e Antonio D’Angelo)  e un folto gruppo di ragazzi e di ragazze che, come si è detto, hanno avuto la possibilità di “provare” sul campo cosa significa stare su un palcoscenico e affrontare un testo dal significato così drammatico e purtroppo attuale come quello di Orlando. Alcuni di loro avevano già partecipato a una esperienza simile lo scorso anno: Marianna Botticella, Carlo Froi, Elisa Marchetti, Pietro Muzzini, Margherita Squillari e Alessandro Zichichi. Altri, provenienti da vari istituti secondari di secondo grado di Genova si sono misurati per la prima volta con la scena, seguendo un laboratorio teatrale formativo: Lorenzo Barberis, Cecilia Bettuzzi, Oleg Lorenzo Bruno, Emma Croce, Lorenzo Dellacasa, Lorenzo Modugno, Lukas Mone, Anthonj Muhaj, Nicolò Pescia, Samuele Piscioneri, Greta Simonetta, Elio Sinani.

La regia della Dragonetti ha puntato sull’alternanza fra una recitazione interamente basata sulla narrazione in una dimensione epica del racconto e una danza (le efficaci coreografie di Serena Loprevite) nervosa, spesso a scatti, violenta, aggressiva che richiede un sincronismo perfetto, in un gioco di insieme assai complesso nella sua articolazione corale.

Efficace indubbiamente l’idea interpretativa e davvero bravi tutti, dai professionisti ai giovani apprendisti, lodevoli per la concentrazione e  la capacità di passare dal gesto alla parola senza mai una minima caduta di ritmo. Una esperienza che certamente lascerà il segno in molti di loro.

Applausi interminabili, repliche martedì e mercoledì alle 20,30.