Carlo Felice, alla scoperta di “Béatrice et Bénédict”

Il tocco di Damiano Michieletto lo si avverte sin da subito. Quando, guardando sul palco la scena ancora in allestimento per “Béatrice and Bénédict”, all’Opera Carlo Felice di Genova, si notano le linee essenziali e i contrasti decisi: il bianco, il nero e il verde delle numerose piante.

È un impianto essenziale per dell’opera di Hector Berlioz, tratta da “Much ado about nothing”, ovvero “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare, titolo non troppo frequentato in Italia: negli intenti del regista, guai a chiamarlo enfant terrible, c’è infatti quello di creare una tensione fra due opposti, tra la natura lasciata libera di essere, da un lato, e le nostre vite costrette in spazi sempre più esigui.

L’idea suona profetica, se si pensa che è precedente alla pandemia. Proprio la produzione di “Béatrice and Bénédicte”, realizzata in collaborazione con l’Opéra di Lyon, è stata penalizzata dalle misure di contenimento del contagio, come hanno raccontato il sovrintendente Claudio Orazi e il direttore artistico del teatro, Pierangelo Conte: una volta giunti alla prova generale, si è dovuta abbandonare la scena e mandare tutto a monte.

Per fortuna, la sala genovese darà a “Béatrice et Bénédicte” l’occasione di vivere. Diretta dal direttore emerito del teatro, Donato Renzetti, che con questa raggiungerà il traguardo delle cento opere, la partitura di Berlioz non potrà prescindere dalla sinfonia, che Renzetti ha definito «un capolavoro», spesso eseguita in Francia. «Un autore non facile» ha aggiunto il direttore «ma che vale la pena di proporre». Al centro della storia c’è l’amore, «l’amour», come ha detto Conte «in tutte le sue forme: coniugale, nelle peripezie, a prima vista». La natura sarà molto presente in scena: non solo una grande quantità di piante affollerà il palco, ma anche, come anticipato, vi faranno la loro comparsa Adamo ed Eva, nonché un gorilla – interpretato da un mimo – a simboleggiare l’animalità.

Un elemento, questo, in linea con i desiderata del regista Michieletto che, tempo fa, in un’intervista realizzata per Opéra de Lyon, aveva detto: «Béatrice e Bénédict sono due personaggi in contrasto con le aspettative sociali, rappresentate invece da un’altra coppia, Héro e Claudio. Mentre i secondi arrivano al matrimonio secondo regole sociali, i due protagonisti le fuggono: il loro è un amore anarchico, un amore animalesco, fatto di conflitti». «Il mio sguardo» aveva detto ancora Michieletto «è sul conflitto: tra le regole della società e la natura umana. Una natura che può essere molto pericolosa, che sfugge dalla razionalità e dalla voglia di bloccarla dentro qualcosa di stabilito e di rassicurante». Non secondaria è la carica «di ironia e divertimento» data dalla messa in scena dell’opera, che secondo il regista «rappresenta la possibilità di indagare aspetti oscuri della natura umana, in Shakespeare sempre molto affascinanti e molto complessi».

Conte e Orazi hanno tenuto a sottolineare la presenza di artisti liguri nel cast, a cominciare dai due soprani, Benedetta Torre e Francesca Benitez, che si alterneranno nel ruolo di Héro. Fra gli altri interpreti, Nicola Ulivieri, nel ruolo di Don Pedro, Yoann Dubruque, in quello di Claudio, mentre i due ruoli del titolo saranno interpretati da Julien Behr e Giorgio Misseri e da Cecilia Molinari e Sofia Koberidze. Dopo il debutto del 28 ottobre, sono previste repliche il 29 e il 30 ottobre e il 4, 5 e 6 novembre.