Terzo e ultimo appuntamento, ieri sera, al Carlo Felice con il Wanderer Trio che in questa stagione della Giovine Orchestra Genovese ha affrontato il repertorio beethoveniano. Come si è avuto modo di osservare recensendo il secondo incontro, lo scorso febbraio, Il Trio con pianoforte ha accompagnato quasi tutta la vita creativa di Beethoven e ha esercitato nella attività di Beethoven un ruolo non secondario, fissandone in maniera puntuale gli aspetti stilistici più rilevanti dalla aggressività tematica di certi allegri iniziali all’incantevole eleganza lirica dei tempi lenti.
Il programma di ieri ha costituito una conferma a partire dalla datazione delle pagine scelte: si andava dalle “Quattordici Variazioni su un tema originale” op. 44 del 1792 all’ancora giovanile Trio op. 1 n. 3 (1794-1795) al maturo e robusto Trio op. 97 “L’Arciduca” del 1811.
Le Variazioni, ad esempio, ancora lontane dalle ultime esperienze beethoveniane tese a una totale messa in discussione del tema di partenza, mostrano già una eleganza e una varietà di soluzioni tali da farne una partitura di notevole interesse.
Il Trio Wanderer (Vincent Coq, pianoforte, Jean-Marc Phillips-Varjabédian, violino e Raphael Pidoux, violoncello) ha confermato qui le impressioni già suscitate nelle precedenti apparizioni: indubbie qualità individuali, bella coesione nelle scelte interpretative.
Lo si è avvertito nei due lavori giovanili e ancor più nello splendido “Arciduca”, brano di ampio respiro con un Allegro iniziale fra i più ispirati del repertorio cameristico beethoveniano e con un Andante di raffinata suggestione: il Wanderer ne ha assicurato una esecuzione eccellente, vivamente applaudita, al termine, dal folto pubblico.
Un bis, un delizioso Schubert.