Un viaggio tra lirismo e virtuosismo: Ilya Grubert a Genova

Nel cuore del centro storico genovese, il Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi ha ospitato, venerdì sera, uno degli appuntamenti più attesi della rassegna “Gems a la Paganini 2025”, promossa dagli Amici di Paganini. La serata ha visto protagonista il violinista Ilya Grubert, accompagnato dall’Orchestra Paganini diretta da Vittorio Marchese, in un programma che ha affiancato Mozart, Chausson e Wieniawsky.

Il pubblico ha risposto con entusiasmo: già alle 20:25 la sala era quasi completamente occupata, con pochissimi posti ancora disponibili. L’atmosfera era quella di un’occasione importante, incorniciata dalla suggestiva eleganza del salone, la cui acustica si è rivelata particolarmente favorevole a formazioni cameristiche e orchestre d’archi. Il suono risultava ampio e ben definito, trasparente, ogni vibrato chiaramente udibile, con un equilibrio che valorizzava tanto l’insieme quanto i dettagli individuali.

Dopo una breve introduzione al programma, la serata si è aperta con la Sinfonia n. 29 in La maggiore K. 201 di Mozart, proposta in una trascrizione per archi e pianoforte. Una scelta particolarmente adatta alla formazione della serata: l’arrangiamento, che sostituisce le parti originariamente affidate a due oboi e due corni con un intervento pianistico, si è rivelato efficace e coerente con l’approccio cameristico dell’ensemble.

Il pianoforte, in questo contesto, ha assunto un ruolo timbrico delicato ma funzionale, colorando e sostenendo il tessuto sonoro degli archi senza appesantirlo. La trasparenza strutturale della partitura mozartiana — una delle più riuscite del suo periodo salisburghese — è rimasta intatta, così come la brillantezza melodica e la chiarezza formale che caratterizzano questa sinfonia.

L’esecuzione è stata solida, con un ensemble di giovani musicisti affiatati, attenti e coesi ben guidati dal loro direttore Marchese.. È stato bello osservare la naturalezza del loro dialogo musicale, segno evidente di una generazione in crescita, capace di affrontare il repertorio classico con rispetto ma anche con partecipazione viva.

Dopo una breve pausa, ha fatto il suo ingresso Ilya Grubert, che ha aperto la seconda parte della serata con il Poème op. 25 di Ernest Chausson. Fin dalle prime battute, è apparso chiaro il tono intimo della sua lettura: con gesto contenuto ma suono ampio, Grubert ha costruito una narrazione profondamente sensibile, in cui ogni frase sembrava scolpita da un pensiero lucido, filtrata da una consapevolezza artistica matura.

Nonostante la sobrietà del linguaggio gestuale, l’arco restituiva un suono caldo e personale, con sfumature che rivelavano profondità espressiva e una tensione interna che non cedeva mai all’enfasi. Il dialogo con l’orchestra, dosato e attento, permetteva al violino di emergere senza mai sovrastare, nel rispetto della scrittura ricca e poetica di Chausson.

Il concerto si è concluso con il brillante Souvenir de Moscou di Henryk Wieniawsky, pagina che unisce virtuosismo violinistico e lirismo popolare. In questa cornice più brillante, Grubert ha saputo alternare leggerezza e tecnica impeccabile, valorizzando le sezioni più cantabili con naturalezza e affrontando le cadenze più complesse con padronanza , senza mai sacrificare la musicalità all’effetto. L’orchestra lo ha accompagnato con precisione e misura, lasciando al solista piena libertà espressiva, ma senza rinunciare a una propria presenza sonora ben definita.

È stata particolarmente apprezzabile anche la scelta del repertorio, con brani come il Poème di Chausson o il Souvenir de Moscou di Wieniawsky, non eseguiti frequentemente nei programmi concertistici attuali. Ascoltarli nuovamente, nella cornice di una serata così ben strutturata, ha rappresentato un’occasione preziosa per riscoprire pagine che coniugano profondità espressiva e brillantezza virtuosistica, e che meriterebbero senz’altro maggiore presenza nei cartelloni.

L’intero concerto è stato accolto con calore da un pubblico partecipe e attento, che ha premiato l’equilibrio tra raffinatezza e immediatezza, tra profondità artistica e accessibilità. Un’ulteriore conferma della qualità e della visione culturale che la rassegna  continua a offrire alla città.