GOG – Uno splendido Sestetto inaugura la stagione

La nuova stagione della Giovine Orchestra Genovese si è aperta ieri sera al Teatro Carlo Felice con un concerto che ha avuto il sapore di una rinascita. Dopo l’estate, le vacanze, il ritorno al lavoro, questo appuntamento ha rappresentato una sorta di messa in pace dell’anima: un invito a ritrovare equilibrio e respiro attraverso la musica.

Sul palco, il sestetto della Norwegian Chamber Orchestra, formazione di straordinaria coesione, ha offerto un programma che da solo raccontava un percorso ideale tra romanticismo e modernità: il pubblico ha potuto ascoltare “Verklärte Nacht” (Notte trasfigurata) op. 4 di Schoenberg e il Sestetto op. 18 di Brahms.

Fin dalle primissime note di Schönberg, il pubblico è stato avvolto da un’atmosfera quasi sospesa, di tensione poetica e mistero lunare. Personalmente, conoscendo il linguaggio più tardo e denso di Schönberg, non immaginavo un’opera così lirica e sensuale, scritta con un’intensità giovanile ma già di grande profondità emotiva.

L’interpretazione del sestetto norvegese è stata impeccabile: una lezione di equilibrio, di ascolto reciproco e di dialogo fra le voci. Ogni strumento respirava insieme agli altri; i fraseggi, le arcate, le sfumature dinamiche si fondevano in una sonorità rarefatta e trasparente, quasi impalpabile, come una polvere che prende forma nell’aria. Non c’era un “inizio” del suono: il suono semplicemente esisteva, fluiva come acqua viva.

È una magia sonora che nasce solo quando i musicisti sono completamente all’unisono, non sei individui, ma un unico respiro.

Il pubblico ha percepito questa intensità e ha risposto con grande entusiasmo.

Per molti, probabilmente, “Verklärte Nacht” ha rivelato un volto nuovo di Schönberg, più umano, più intimo, di quanto si possa immaginare.

Foto Silvia Aresca

Il secondo brano, il Sestetto op. 18 di Brahms, ha completato idealmente il programma. Dopo la febbre romantica di Schönberg, la calda architettura brahmsiana ha portato un senso di compiutezza e serenità.

Una scelta perfetta: l’opera giovanile di Brahms, intrisa di eleganza cameristica, ha chiuso la serata con grazia e profondità.

In questo brano, il sestetto ha saputo mettere in luce la nobile cantabilità brahmsiana, la sua densità emotiva e quella scrittura che, pur radicata nella tradizione, lascia sempre spazio alla libertà espressiva. I dialoghi tra le viole e i violoncelli, la delicatezza del fraseggio nei momenti più lirici e la naturalezza dei passaggi collettivi hanno mostrato ancora una volta l’altissimo livello d’intesa tra i musicisti.

E come piccola sorpresa finale, il sestetto ha regalato al pubblico un bis inaspettato e pieno di fantasia: “Shine You No More” di Rune Tonsgaard Sørensen, violinista del Danish String Quartet.

Un brano giocoso e brillante, costruito come un raffinato scherzo cameristico, in cui nei brevi episodi solistici – soprattutto del violoncello – si potevano cogliere allusioni spiritose, come un frammento de “La sagra della primavera” di Stravinskij e persino l’Inno di Mameli, inseriti con ironia e maestria.

Era un piccolo gioco intellettuale di altissimo livello, dove l’umorismo e la precisione musicale convivevano con eleganza.

Un modo sottile e brillante per chiudere la serata: una “ciliegina” dolce e leggera dopo un concerto intenso e appagante.