If anybody asks you who wrote this lonesome song, tell ‘em you don’y know the writer but Ma Rayney put it on
(se qualcuno vi chiede chi ha scritto questa canzone triste, ditegli che non sapete chi l’ha scritta ma che Ma Rainey l’ha messa insieme) recita Last minute blues, un pezzo che Gertrude Pridgett, in arte Ma Rainey, eseguiva come bis nei suoi concerti.
La cantante amava sottolineare così il suo debito nei confronti della musica della strada, di quei motivi canticchiati dalla sua gente nelle campagne e nelle città. Lei, diceva, si limitava a raccogliere quei “suggerimenti” musicali e a rielaborarli dando loro una forma. Era solita raccontare quanto fosse stato determinante per lei – in un piccolo centro del Missouri nel lontano 1902 – l’ascolto di una canzone monotona e suggestiva intonata da una giovane donna disperata per l’abbandono del suo amante. Tipico argomento blues, peraltro. Dall’ascolto di quel canto d’amore nacque See see rider (1924), uno dei blues più celebri tra quelli dedicati ad un amore che finisce.
L’aneddoto rappresenta un’ulteriore conferma di come il cosiddetto blues “classico” abbia preso le mosse proprio da testi esemplificativi di condizioni psicologico-emotive tipicamente femminili. Questo spiega perché Ma Rainey e altre valide cantanti blues dell’epoca – Ida Cox, Alberta Hunter, Ethel Waters, Victoria Spivey – siano state anche autrici non solo della musica, ma anche di testi elaborati scrutando la propria interiorità.
Il mio uomo è partito stamattina verso le quattro e mezzo
Il mio uomo è partito stamattina verso le quattro e mezzo,
ha lasciato un biglietto sul suo cuscino dove dice che non gli servo più…
dice la prima strofa di un altro testo popolare, che rispetta la consueta struttura tripartita del blues (corrispondente a quella musicale di 12 battute, suddivise in tre momenti che poggiano sui tre gradi fondamentali della scala): in genere il primo verso descrive una situazione, il secondo la ribadisce e il terzo può aggiungere un’informazione o concludere quasi positivamente, secondo l’atteggiamento di rassegnazione non priva di speranza, tipico dell’indole afroamericana che finisce per ridimensionare la propria sofferenza definendola come qualcosa di passeggero. A questa seconda tipologia appartiene il terzo verso dell’ultima strofa dello stesso pezzo:
la gente crede che io sia pazza, ma sono solo vittima dei blues
Queste liriche sono espressione di una creatività femminile in grado di affermare una propria identità molto forte, in virtù della vitalità di una cultura che ha saputo esprimersi liberamente attraverso la poesia e il canto, a differenza di quanto è avvenuto in Europa dove la tradizione letteraria ufficiale – in cui la donna, da Beatrice e Laura in poi, è quasi sempre stata più oggetto che soggetto dei testi poetici – ha escluso, fino a tempi molto recenti, le voci del gentil sesso.
Gertrude Pridgett era nata in un quartiere povero di Columbus in Georgia il 26 aprile 1886. I suoi genitori raccontavano che aveva iniziato a cantare ancora prima di imparare a parlare. Il suo debutto appena quattordicenne allo Sprinter Opera House di Columbus nello show The bunch of blackbarries era stato un successo ed aveva attirato su di lei le attenzioni di Will Rainey, detto “Pa”, anch’egli uomo di spettacolo, che la sposò nel 1904. Fu da quel momento, naturalmente, che Gertrude cambiò il suo nome in Ma Rainey e in breve tempo si conquistò il soprannome di “Madre del Blues”, nonostante curiosamente lei e il marito agli inizi portassero in tournée uno spettacolo con marcate influenze vaudeville sotto la spiritosa insegna “The assassinators of the blues”.
Dotata di una maestosa vocalità, la Rainey come interprete dal vivo era letteralmente eletrizzante: rideva, gemeva, urlava. Pur non essendo una bella donna, sul palcoscenico riusciva a trascinare il pubblico con un fascino straordinario. Suggestiva la descrizione che ne fece il pianista e direttore d’orchestra Thomas A. Dorsey (nella sua autobiografia inedita), che la accompagnò in una tournée a Chicago nel 1924:
“… Il numero di Ma Rainey era quello che chiudeva lo spettacolo… Il sipario si alzava lentamente e i riflettori illuminavano con luce soffusa l’orchestra sul palcoscenico, mentre noi suonavamo l’introduzione della canzone di Ma… Ma era nascosta in un grande scatolone che aveva la forma di una victrola, uno di quei fonografi che si usavano molti anni fa. Questa victrola si trovava sull’altro lato del palcoscenico. Poi arrivava una ragazza e faceva l’atto di mettere su un disco. Allora l’orchestra cominciava a suonare Moonshine blues: Ma cantava le prime battute nascosta dentro la victrola, poi apriva una porta e usciva fuori nella luce del riflettore sfoggiando una scintillante toilette che pesava poco meno di dieci chili, e una collana fatta di tanti pezzi d’oro. Il pubblico impazziva. Era come se lo spettacolo ricominciasse da capo. Ma teneva gli spettatori in pugno. I brillanti che portava alle dita luccicavano come tanti fuochi. La collana sembrava un’armatura d’oro che le coprisse il petto. La chiamavano la Signora dall’ugola d’oro… Quando Ma ebbe cantato l’ultimo pezzo e il gran finale, avemmo sette chiamate…”.
Con la sua voce possente e drammatica da contralto, la “Madre del Blues” raccontava di abbandoni da parte dell’amato, di nostalgia per i luoghi d’origine e disadattamento alla vita di città, o di solenni sbornie finite in gattabuia, com’è il caso di Booze abd Blues, del 1924.
Fra gli altri successi della Rainey citiamo Yonder come the blues, Victim of the blues, Broken hearted blues, South bound blues. Furono in realtà circa un centinaio le sue incisioni realizzate tra il 1923 e il 1928 per la Paramount, moltissime le sue esibizioni tra Chicago, Detroit e Pittsburg e notevoli anche le sue collaborazioni con grandi del jazz quali Louis Armstrong, Fletcher Henderson e Coleman Hawkins.
Tra i suoi più grandi meriti, inoltre, quello di aver scoperto e valorizzato lo straordinario talento di Bessie Smith, l’Imperatrice del Blues.
Ma Rainey si spense a Columbus – la sua città nella quale aveva fatto ritorno negli anni della grande depressione – all’età di 53 anni per un attacco di cuore.
Esiste anche una lunga lirica in quattro parti, a lei dedicata dal poeta Sterling A. Brown, che descrive il momento in cui la Madre del Blues arrivava in città, attirando folle di fans dai paesi limitrofi, che arrivavano per acclamarla ed applaudirla in tutto il suo splendore.