Nel pomeriggio di ieri il Salone da Ballo di Palazzo Reale è risuonato delle note e delle intenzioni artistiche di Giulia Zaniboni, giovane cantante dedita alla musica contemporanea divenuta una tra le prime interpreti italiane in questo tipo di repertorio.
La sua esibizione, inserita nel Festival “Le Strade del Suono” che ha l’obbiettivo di portare la musica contemporanea alle orecchie di tutti, musicisti e non, accompagna l’ascoltatore in questo mondo vasto e variopinto grazie alle complesse scelte di repertorio fatte dall’artista.
I brani presentati sono tutti per voce sola, scritti negli ultimi decenni, e ci offrono tutta la varietà della musica contemporanea dell’ultimissimo periodo, arrivando ad un brano scritto nel 2020 e proposto da Giulia Zaniboni in prima esecuzione italiana, These Intervals Matter di Katherine Balch, una pagina straordinaria in cui gli armonici della voce si sommano agli armonici del suono prodotto da cinque bicchieri che l’interprete fa risuonare toccandoli con un dito bagnato, il tutto accompagnato da un obbligato di ghiaia.
Il concerto si articolava in una prima parte più dedicata alla corporeità e all’espressività, sia essa vocale, del viso, del corpo o del parlato, e in una seconda parte contrassegnata dal ritorno a un’impostazione di canto più simile a quella lirica classica senza perdere però il potere comunicativo del linguaggio contemporaneo.
Zaniboni ha eseguito, come primi pezzi, il primo dei Capricci di Gabriele Manca e tre Récitations di George Asperghis, brani in cui la ripetizione di micro elementi e la loro variazione costante permettono all’artista di giocare su e con diversi elementi. Si è notato in questi brani l’abilità di Giulia Zaniboni nel passare in velocità dal parlato al cantato mantenendo un’intonazione notevole e dimostrando una straordinaria padronanza della tecnica. L’espressività resa poi attraverso la voce, i gesti e il viso è stata in questi brani, come in altri, grande punto di forza di quest’interprete che ha reso le musiche affrontate estremamente affascinanti e comunicative. Il mostrare poi, a fine performance, le partiture grafiche al pubblico è stato un gesto molto apprezzato che ha permesso agli spettatori di capire come un brano di musica contemporanea possa essere strutturato e interpretato. Le Récitations in particolare sono brani in cui alla cellula iniziale se ne aggiungono sempre di nuove in maniera diversa a seconda di come si legge la partitura. La Récitation n.8 è eseguibile leggendo, e quindi aggiungendo le cellule, in orizzontale o in verticale, la n.9 può essere letta dall’inizio alla fine o al contrario, dalla fine all’inizio, mentre nella n.11 alla cellula iniziale se ne aggiunge sempre una prima e una dopo, rendendo la forma della composizione simile a quella di una piramide la cui base diventa sempre più larga andando avanti nell’esecuzione. Guardare le partiture, soprattutto se il repertorio eseguito è contemporaneo, è assolutamente di aiuto per orientarsi nell’opera e per avvicinarvisi. Come dice Leonardo Calì, parlando delle traduzioni grafico-analogiche in campo educativo-musicale “l’occhio dunque a rinforzo e a sostegno del meno sicuro orecchio”.
Il concerto è proseguito con Proesie che Francesco Filidei ha scritto durante il lockdown e da lui definite“miniature per voce sola, ironiche e molto leggere, su testi di Federico Maria Sardelli”, brani concisi ma incisivi, in cui il suono delle parole è aumentato e ridefinito dalla musica e dalle sue ripetizioni. Di queste ci vengono presentati Conglomerati in cui ogni sillaba è ripetuta ossessivamente e ha un suo suono definito, Trasloco in cui l’ansia degli scatoloni viene comunicata attraverso la voce e Das Fröhliche Alphabet, la cui esecuzione è stata arricchita da diversi fogli che Giulia Zaniboni presenta mentre canta le lettere dell’alfabeto, con disegnata su di essi la lettera in questione e un emoji per rappresentare in maniera immediata e ormai universale ciò che la melodia ci narra della lettera stessa.
In A manual for the use of Wings, di Gylda Lyons, anch’esso in prima italiana, l’esecuzione è vocale ma anche corporea. Come la voce gioca a volare su glissati e armonici, anche il corpo sperimenta l’arte del volo e il movimento viene così a fondersi con l’esecuzione vocale. Molto evocativo è anche Grito, brano di Edgar Alandia, che esprime con l’uso di una sola voce una sofferenza collettiva, che narra la lotta e l’indignazione usando le parole di Pablo Neruda e tutte le potenzialità della voce umana, dagli acuti al suono in bocca chiusa, dalla ricerca degli armonici in risonanza ai vibrati più profondi.
Il programma di Giulia Zaniboni è stato estremamente complesso, dal punto di vista vocale e della performance, ma le sue esecuzioni sono state molto apprezzate dal pubblico, poco numeroso ma molto fresco e attento e che, a ragione, si è complimentato con lei in un lungo applauso finale.
Se lo scopo del Festival “Le strade del Suono” è diffondere il linguaggio della musica contemporanea, una proposta come quella di Voicescape di Giulia Zaniboni è assolutamente da riproporre sia per come è stata pensata sia per come è stata realizzata.