“Apoteosi della danza”, l’aveva definita Richard Wagner. La Settima Sinfonia di Beethoven venuta alla luce alcuni anni dopo le precedenti e in contemporanea con l’Ottava è fra le partiture più affascinanti e complesse del repertorio sinfonico. Il ritmo sembra essere l’elemento portante, un pulsare ora frenetico, ora martellante che dall’introduzione del primo tempo, attraverso lo stupefacente Allegretto (giocato interamente sull’alternanza di dattilo e spondeo) e l’irruenza dello Scherzo approda all’Allegro finale. Opera popolarissima che impegna qualsiasi direttore chiamato a cimentarsi con un “repertorio interpretativo” sconfinato e con incisioni discografiche ormai storiche che hanno fatto “letteratura”.
Ieri sera a conclusione del ciclo beethoveniano e del cartellone sinfonico, sul podio del Carlo Felice per proporre appunto la Sinfonia n.7 è salita Speranza Scappucci, considerata una delle bacchette di maggior talento della sua generazione, attualmente, tra l’altro, protagonista con Corrado Augias e Aureliano Canonici (direttore d’orchestra genovese, attualmente docente al Conservatorio “Niccolò Paganini”) del programma televisivo per Rai 3 “Le gioie della musica classica”.
Gesto ampio e chiaro, uno stile direttoriale energico ma anche capace di giocare sul respiro delle frasi e sulla duttilità dinamica dei contrasti, la Scappucci ha offerto una convincente lettura della poderosa partitura, ben seguita da tutta l’orchestra: lodevole in particolare l’Allegretto segnato da una scrupolosa attenzione al più minuto fraseggio e da un’attenta cura dei piani sonori. Vivace e aggressivo lo Scherzo, brillante l’Allegro finale: il tutto, ben governato dalla bacchetta, in una solida visione d’insieme.
In apertura la Scappucci ha proposto in prima europea “Barcarola” della compositrice italiana (ma residente negli Stati Uniti) Paola Prestini. Ispirata al testo omonimo di Neruda, la partitura evoca i suoni del mare e di una tempesta e lo fa attraverso un’orchestrazione straordinariamente ricca sul piano timbrico. Una pagina molto interessante restituita con autorevolezza e belle soluzioni espressive. Poi due pagine francesi hanno coinvolto la sezione femminile del Coro del Teatro: si tratta di “Litanies a la Vierge Noire” scritta con la consueta raffinatezza da Poulenc e dell’appassionata “Morte di Ofelia” di Berlioz. Lavori differenti nello spirito che la Scappucci ha affrontato con eleganza, in un equilibrato rapporto fra voci e strumenti. Bella la prova del coro e meritati gli applausi finali al suo direttore Francesco Aliberti, eccellente professionista che a fine stagione lascerà il Carlo Felice.