Lera Auerbach, l’eleganza di un’artista poliedrica

“Non c’è una gerarchia chiara. Sono tutte state le mie basi fin dall’infanzia. Altre forme d’arte spesso ispirano le mie idee musicali e viceversa. A volte un’immagine darà vita a un brano musicale, o un’idea musicale mi porterà a scrivere una poesia o una scultura formerà la struttura architettonica di una sinfonia. Sono tutti modi diversi di esplorare le stesse questioni creative”. A sostenerlo Lera Auerbach, compositrice, pianista, direttrice d’orchestra e, inoltre, poetessa e visual artist. La Auerbach ieri sera si è esibita al Carlo Felice, ospite della GOG, in veste di pianista e direttrice sul podio dell’ottima Stuttgart Philharmonic Orchestra. Il Teatro era affollato come nelle migliori occasioni nonostante l’allerta arancione e i presenti sono stati ripagati da uno splendido concerto.

Un momento del concerto (fotografia di Silvia Aresca)

 

“Per me – ha spiegato la Auerbach – tutte le arti sono profondamente connesse: che si tratti di musica, poesia o arte visiva, tutte mi permettono di esplorare le stesse questioni essenziali in modi diversi. Il programma di Genova riflette questa idea di esplorare i contrasti. L’Ouverture del Don Giovanni di Mozart prepara il terreno con i suoi drammatici cambiamenti tra luce e oscurità. Il suo Concerto per pianoforte in re minore, K. 466, è ugualmente pieno di tensione e bellezza, un’opera che sembra senza tempo. La Sinfonia n. 6 di Čajkovskij, Patetica, è un viaggio profondamente emozionante, una delle dichiarazioni più profonde sulla vita e la mortalità in tutta la musica. Insieme, questi brani formano una narrazione sulle complessità dello spirito umano”.

La prima parte, dunque, era di marca mozartiana. La Auerbach nell’affrontare le due splendide partiture le ha immaginate come un’unica grande opera musicale. E non a caso dopo l’accordo finale dell’Ouverture del Don Giovanni (attaccata molto lentamente e poi animata da una intima pulsione vitale nella sua drammaticità) la direttrice ha lasciato sospesa la bacchetta e ha attaccato il Concerto.

Elegante e rigorosa nella direzione, un gesto chiaro ed essenziale, alla tastiera l’artista ha evidenziato una fluidità di fraseggio, una ricchezza di colori davvero ammirevole.

“Dirigere – ha detto – significa dare forma all’energia, collaborare e guidare gli altri; comporre richiede solitudine; esibirsi richiede vulnerabilità. Tutte hanno le loro sfide, ma ognuna è essenziale per ciò che faccio”.

Lera Auerbach e la Symphony Stuttgart Orchestra (fotografia Silvia Aresca)

 

Dopo due bis pianistici (Rachmaninov e Scarlatti risolti con brillantezza), la Sinfonia n.6 “Patetica” di Caikovskij ha evidenziato la duttilità della Auerbach che ha affrontato la complessa e splendida partitura con energia e vigore, sottolineando la cantabilità dei temi del compositore russo e nello stesso tempo dando ampio sfogo agli scatti più incisivi e drammatici. Ineccepibile la prova dell’orchestra per compattezza, intonazione dei fiati, raffinatezza del suono negli archi. Gli applausi finali sono stati interminabili.