Dalla parte dei docenti
Roberto Iovino: fare tesoro dell’esperienza vissuta
Dopo 42 anni di insegnamento tradizionale (prima educazione musicale in una scuola media, poi matematica e fisica in un liceo scientifico, successivamente storia della musica in Conservatorio e ora educazione musicale in una facoltà universitaria) la chiusura delle scuole mi ha costretto a ripensare alla didattica per trovare soluzioni adatte al momento. Ho adottato due metodologie differenti. In una prima fase ho registrato in video le lezioni, cercando quanto più possibile, di lavorare su immagini e power point e (dal momento che la materia me lo consentiva) alternando ascolti musicali. Le registrazioni (3 o 4 per lezione) venivano caricate su una piattaforma e da lì scaricate dagli studenti. In più, per poter valutare la “presenza” degli studenti mi sono dovuto inventare “compiti a casa” che mai avevo assegnato in Università. In una seconda, ultima fase ho tenuto lezioni online in dialogo aperto con gli studenti, il che mi ha permesso di verificare meglio il livello di comprensione del corso da parte degli studenti. Cosa mi rimane di questa esperienza? Naturalmente la lezione frontale in un’aula è preferibile a qualsiasi altra alternativa: lo scambio di pareri, la battuta, un commento, rendono vivo il rapporto e sono essenziali, evitano di isolarsi davanti a un monitor e allontanano il rischio di una “scuola” forse ipertecnologica, ma sterile, asettica e alla fine stancante (fisicamente e mentalmente) per tutti. Tuttavia la registrazione di alcune lezioni potrebbe anche in seguito risultare utile perché consentirebbe agli studenti di rivedere con calma alcuni elementi teorici che magari in classe (ad esempio dagli ultimi banchi lontani dalla lavagna pentagrammata) è più complesso seguire e capire. Rimane però un problema legato alla capacità di connessione da parte di tutti. Non pochi studenti hanno segnalato la difficoltà di connettersi per una linea internet poco veloce o sovraccarica. E questo è, al momento, il vero ostacolo da superare.
Paola Siragna: croce e delizia
Ogni mattina, in Italia e non solo, migliaia di docenti si svegliano e sanno che dovranno correre a fare colazione, prepararsi e raggiungere un aspetto umano prima del figlio, per poter guadagnare per primi la postazione al computer.
Da più di un mese anche io, come molti docenti italiani, “vado a scuola” insieme a mio figlio.
Un continuo incastro di orari, compiti da svolgere, da preparare, da correggere, da inviare agli insegnanti (suoi) e agli alunni (miei). Lezioni via zoom e consigli di classe in videochiamata. Linea traballante, microfoni che si rompono quando avevi quasi ultimato la registrazione di una videolezione. Occhi che a fine giornata bruciano.
Certo, all’inizio sembrava tutto quasi divertente. Un pretesto per migliorare le proprie competenze informatiche e fare così di necessità virtù. Ma dopo più di un mese di Didattica a distanza mi sento di poter dire che una scuola così, sulla lunga distanza, non sia auspicabile nemmeno in uno dei più estremi racconti di Azimov.
La didattica a distanza sta funzionando? Sì, a livello contenutistico forse sì. E da insegnante di sostegno posso dire con orgoglio che con una buona organizzazione si riescono a raggiungere tutti, indipendentemente dalle necessità dei singoli.
Certo, gli studenti più grandi e autonomi non avranno problemi a districarsi fra le mille piattaforme possibili di interazione. Sono “nativi digitali”, loro, qualsiasi cosa voglia dire.
Ma i più piccoli, loro guardano i propri compagni sullo schermo, quei compagni coi quali fino a poco tempo fa correvano in giardino e si scambiavano merendine e giochi e che ora sono così lontani. Quei compagni che probabilmente rivedranno fra molti mesi, coi sorrisi coperti dalle mascherine. E si chiedono perché. Se lo chiedono in silenzio, spesso, per non appesantire ulteriormente i genitori, che in questo momento sono madri e padri, ma anche maestri, compagni di giochi, istruttori sportivi. Genitori che sono diventati supereroi nel giro di una notte. Ecco, i nostri figli, i nostri alunni, sono loro i supereroi. E nel guardare mio figlio davanti allo schermo, nel guardare i miei alunni, mi si riempie il cuore di tristezza.
Perché la scuola è, soprattutto, interazione. Perché, come ha detto mio figlio un giorno fra le lacrime, “Tu fai del tuo meglio, ma non è la stessa cosa”.
Nicole Olivieri: reinventare la didattica per far fronte al momento e far tesoro per il futuro
“21 Febbraio. Questo è il giorno della mia ultima lezione in classe. E’ una data che ogni tanto mi ritorna in mente ed è ormai un ricordo lontano. All’inizio pensavo si sarebbe trattato di uno stop di una o al massimo due settimane, ma lentamente la situazione ha iniziato a mostrarsi per la sua drammaticità e la speranza di tornare presto sui banchi di scuola si è affievolita sempre più. Il mio istituto si è così mobilitato per attivare la DAD (didattica a distanza) con cui stiamo operando in questo momento. All’inizio è stato molto difficile, per me ma non solo. L’attivazione di Google Suite, piattaforma che permette l’invio e la condivisione di materiale attraverso Google Drive, lo svolgimento delle video lezioni attraverso Meet, la gestione dei compiti e delle lezioni attraverso Classroom e Calendar, e la comunicazione coi ragazzi e i colleghi attraverso Chat, ha generato una mole improvvisa di informazioni e comunicazioni da gestire non semplice, soprattutto per chi come me ha nove classi.
Ma come sempre dopo una prima fase in cui ognuno di noi ha dovuto prendere confidenza con le nuove modalità, ci stiamo abituando. Sicuramente fare lezione a distanza è ben diverso che in presenza. Soprattutto per materie come la mia, Musica, in cui la parte pratica viene penalizzata necessitando di quel contatto visivo e uditivo che non è possibile attraverso una webcam. Ma non solo. Diventa difficile anche il confronto, la riflessione e lo sviluppo di un dibattito educativo nella parte teorica. Poter far intervenire i ragazzi durante la lezione non è così immediato come in classe in cui un’alzata di mano è visibile a tutti, così come monitorare se tutti riescono a capire e a seguire la lezione. Per non parlare dei problemi tecnici legati alla linea internet e dell’impossibilità per alcuni ragazzi di seguire le lezioni per la mancanza di una strumentazione adeguata. Ciascuno di noi fa del suo meglio. Si cerca di condividere materiale di supporto e di sopperire il più possibile alla distanza che la didattica online impone. Personalmente mi sono dovuta attrezzare con vari programmi e strumentazione per poter registrare e condividere materiale sonoro. Non bisogna dimenticare però che aver creato un rapporto, seppur diverso, di continuità scolastica e un canale di comunicazione coi ragazzi e tra i ragazzi è molto importante in questo momento drammatico. Per tutti: noi docenti, i ragazzi e le famiglie. Spero inoltre che questa nuova modalità di lavoro ci dia lo spunto e l’opportunità di poter far tesoro di nuovi strumenti per una didattica futura, arricchita attraverso l’utilizzo di piattaforme di condivisione e confronto tra docenti e alunni.
Dalla parte degli studenti
Guglielmo Nicolini: troppe le ore davanti allo schermo
Il detto popolare “fare di necessità virtù” calza a pennello con la situazione attuale degli studenti. In un quadro in cui si è impossibilitati ad andare a scuola e che, a differenza delle numerose allerte meteo che ci costringono a casa ogni anno, si protrae per un lasso di tempo abbastanza importante bisogna arrangiarsi con quello che si ha e indubbiamente le lezioni online rappresentano la soluzione più fattibile e sensata. E’ necessario però fare attenzione ad alcuni aspetti che sembrano non essere stati presi in considerazione da una parte dei presidi e dei professori.
Le lezioni online sono faticose da seguire, e in termini di facilità di concentrazione il veicolo di apprendimento (lo schermo) e le numerose distrazioni offerte dall’ambiente casalingo non aiutano. Per quanto le interazioni sociali con i compagni, che in classe rischiano di limitare l’apprendimento dello studente, siano pressoché assenti, la mancanza di un ambiente scolastico comune rende molto più difficile il seguire attentamente le lezioni, soprattutto quando queste si protraggono per diverse ore durante la mattinata.
Vorrei appellarmi a tutti i professori che stanno leggendo queste mie poche righe: abbiate empatia nei confronti degli studenti, cercate di capire le loro difficoltà e alleggerite il carico di ore settimanali e lavoro da casa, perché se prima a mancare era il tempo materiale, adesso è il respiro.
Questa quarantena ci può insegnare qualcosa? Forse. Spesso diamo per scontata la presenza della scuola nelle nostre vite, incessante, ingombrante ma parte di queste essenziale. Forse, tornando alla consueta routine, riscopriremo il piacere di imparare e frequentare quella che ci è sempre parsa una prigione.
Clarissa Leonardini: studiare il violino via skype, un’esperienza impensabile!
Non pochi sono i problemi che si possono presentare a chi studia uno strumento musicale in un’accademia di musica (nel mio caso violino presso l’Accademia di Musica di Pinerolo) fuori dalla propria città (Genova), con un’insegnante che vive all’estero (Vienna). Un treno in ritardo, un volo cancellato, allerte meteo, incidenti, un’influenza. Molti mi sono capitati, altri no, ma sono quegli imprevisti che si mettono in conto. Ciò che invece andava al di là dell’immaginazione più audace, era la possibilità che le lezioni sarebbero state sospese per un’emergenza mondiale così grave come quella che stiamo vivendo, e che in un lampo gran parte dell’umanità sarebbe stata catapultata in un mondo in cui la quotidianità è stravolta, tante vite stroncate, e per proteggere gli altri e noi stessi non ci è possibile uscire e incontrarci. Tuttavia, nel dramma abbiamo una fortuna immensa, vera e propria ancora di salvezza per docenti e studenti: mezzi tecnologici che tendiamo a dare ormai per scontati ma che erano impensabili fino a non molti anni fa, per di più disponibili a prezzi piuttosto contenuti. Proprio grazie a uno di questi io e i miei compagni del corso di perfezionamento tenuto dalla professoressa Lucia Hall possiamo proseguire la nostra attività accademica: le lezioni vengono infatti tenute tramite videochiamate sulla piattaforma skype, che sto utilizzando sul mio computer portatile. Se nel complesso la mia esperienza è sicuramente positiva, però è pressoché inevitabile riscontrare alcune problematiche: sicuramente l’aspetto delle esecuzioni musicali che più viene compromesso è la qualità del suono, che in qualche misura risulta distorto, povero di armonici, freddo e metallico. Altro aspetto fondamentale è poi naturalmente il collegamento a internet. Sebbene io abbia generalmente una buona connessione, ho notato che vi sono delle oscillazioni da questo punto di vista, forse dipendenti dall’alto numero di utenti connessi in questo periodo e dall’ingente mole di dati utilizzata dalle videochiamate. In alcuni giorni capitano frequentemente brevi interruzioni sia del video che del suono, la risoluzione dell’immagine si abbassa, si presentano sfasature tra l’audio e il video. Altre volte invece episodi di questo tipo si riducono sensibilmente o sono quasi inesistenti. Nell’esperienza online mancano poi la possibilità di un contatto fisico, talvolta utile nell’insegnamento di uno strumento, e quella di incontrare colleghi e insegnanti con cui avere scambi comunicativi anche al di fuori delle lezioni. Rimane inoltre il dispiacere dovuto alla cancellazione di tutti i concerti organizzati dall’accademia, che avrebbero avuto un ritorno non solo economico ma anche e soprattutto esperienziale e formativo. Come restano l’angoscia e la preoccupazione per il futuro. Tuttavia sono davvero contenta di aver avuto la possibilità di continuare almeno in parte la mia attività accademica, e resto fiduciosa nel fatto che prima o poi dopo questa forzata “pausa di riflessione” ci rincontreremo di nuovo per fare musica insieme, recupereremo le occasioni perdute e ne creeremo delle altre, con nuova forza e rinnovata creatività.