Maifredi: ai Teatri e ai lavoratori indennizzi equi, non elemosina

L’altro giorno in piazza De Ferrari un folto gruppo di attori, ballerini, cantanti, tecnici dello spettacolo ha inscenato una manifestazione pacifica, un girotondo intorno alla fontana. Niente sopra le righe, una protesta composta per denunciare la situazione in cui si trova il mondo dello spettacolo.

Fra i partecipanti, il regista Sergio Maifredi, direttore del Teatro Pubblico Ligure: “Ho notato, purtroppo – dice Maifredi – l’assenza dei lavoratori del Teatro Nazionale e del Carlo Felice. In particolare mancavano quelli miracolati dalla fusione tra Stabile e Archivolto che, senza la quale, avrebbero dovuto ricorrere ancora una volta alle proverbiali capacità di Pina Rando per sopravvivere. Ho invece apprezzato l’intervento di Ilaria Cavo  che si è unita a noi in un simbolico giro della fontana”.

Maifredi , uomo di spettacolo e abile organizzatore da anni, evita ogni discorso legato all’importanza della cultura nella società e punta su alcuni elementi concreti: “Lasciamo da parte la poesia e badiamo al sodo. Il settore dello spettacolo dal vivo è diviso in due grandi blocchi. Da una parte ci sono le “aziende di Stato”, ovvero i Teatri fortemente sovvenzionati, dall’altra le imprese private. I primi, per superare la crisi, metteranno in cassa integrazione il personale, manterranno le sovvenzioni e potranno anzi rimettere a posto i loro conti per essere poi pronti a partire. A casa rimarranno gli artisti e buona parte dei tecnici, quelli assunti non a tempo indeterminato. Per le imprese private la situazione sarà invece ancor più devastante: lasceranno a casa tutti e non potranno incassare alcunché, condannati ad uno stato vegetativo con la speranza di riuscire poi a riaprire. Un teatro privato, una compagnia privata come ce ne sono tanti anche sul territorio ligure vivono del loro fatturato; vendono spesso il loro prodotto agli Enti locali; ma se la produzione si interrompe non possono farlo, l’Ente locale magari sposta lo spettacolo all’anno dopo, ma  ogni incasso sul momento salta. Questa tempesta, insomma, ha evidenziato la fragilità del settore e per assurdo colpisce la parte più virtuosa che vive con le proprie forze”.

Quale può essere la soluzione?

“Innanzitutto non parliamo di sussidi ma di indennizzi. L’indennizzo segue a un danno provocato e quindi è dovuto, il sussidio è come l’elemosina. Le aziende che fanno impresa sanno lavorare, non hanno bisogno di elemosina; però se per decisione dello Stato sono bloccate nel loro lavoro, lo Stato deve garantire un equo indennizzo; il che significa non contributi a pioggia in maniera indiscriminata, ma commisurati alla reale attività delle singole imprese. E poi mi rivolgo alla Regione e al Comune: occorre che gli Enti locali richiamino il Teatro Nazionale e il Teatro Carlo Felice a un impegno di responsabilità sociale, loro che ricevono ingenti somme dagli Enti locali, verso i lavoratori e le aziende private della Liguria. I tecnici, gli attori, i registi, gli scenografi, i musicisti freelance vanno coinvolti nelle produzioni future così come vanno coinvolte le aziende teatrali private. E’ un modo per far ripartire il settore altrimenti a serio rischio di collasso. Ed è una strada già imboccata in altre Regioni”.