Kevin Zhu star del Paganini Genova Festival

Grandi emozioni ieri sera al teatro Carlo Felice, dove si è tenuto uno degli appuntamenti clou del Paganini Genova Festival in collaborazione con la stagione sinfonica del Teatro genovese: un concerto che ha visto protagonisti, insieme all’orchestra del teatro, il violinista vincitore del Premio Paganini 2018 Kevin Zhu e l’acclamato direttore d’orchestra veronese Andrea Battistoni. Il primo tempo è stato dedicato al concerto in si minore per violino e orchestra op.61 del compositore inglese Edward Elgar (1857-1934), una composizione tuttora poco nota ed eseguita in Italia, sebbene a livello internazionale stia cominciando a ritagliarsi lo spazio che merita all’interno del repertorio.

Lavoro estremamente impegnativo per il solista, il Concerto si presenta quasi come una Sinfonia Concertante, con l’orchestra in veste di co-protagonista, ed è caratterizzato da una scrittura romantica a tratti brahmsiana, con episodi di grande impeto e virtuosismo accostati a momenti più delicati e cantabili. Il giovane interprete appena diciannovenne, che due anni fa conquistò i cuori del pubblico del Premio Paganini, anche in questa occasione non ha smesso di meravigliare, mettendo in luce la sua eccezionale maturità artistica, il totale controllo tecnico, l’estrema naturalezza, l’elegante ed autorevole presenza scenica e le doti espressive ed interpretative. Queste ultime si sono manifestate anche nella perfetta sintonia con l’orchestra e con il direttore, i quali a loro volta hanno saputo dialogare al meglio con il solista e contribuire così all’ottima riuscita dell’esecuzione. Al termine sono stati ben 6 i minuti di applausi per il violinista, che come bis ha eseguito il celebre Capriccio n. 24 di Niccolò Paganini, dedicandolo in ottimo italiano a Genova e i suoi cittadini. Dopo un breve intervallo è stato poi il momento della Sinfonia n.2 in do maggiore op.61 di Robert Schumann (1810-1856): un’altra composizione che, come il Concerto di Elgar, merita di essere rivalutata, insieme alle altre tre sinfonie del compositore tedesco. Mentre infatti la grandezza di Schumann come sommo “poeta del pianoforte” non è in alcun modo discussa, è sempre stata fortemente criticata l’efficacia della sua orchestrazione, fin dall’Ottocento giudicata troppo impersonale e monotona. Eppure, anche dando ragione a tali critiche, le Sinfonie racchiudono autentiche meraviglie che meritano di essere esaltate e servite al meglio, in modo da giungere al cuore del grande pubblico. Proprio questo era l’obiettivo di Andrea Battistoni, che ha scelto di eseguire la Sinfonia giocando il più possibile con le dinamiche per restituire le forti emozioni sottese alla partitura.

La composizione si configura infatti come un vero e proprio diario intimo, scritto nel periodo in cui l’autore manifestava i primi disturbi psichici che poi ne deteriorarono la salute mentale, e, come Schumann stesso dichiarò più volte, segnò la vittoria artistica su terribili sofferenze interiori. L’interpretazione di ieri sera è risultata assolutamente convincente, e l’obiettivo raggiunto. Due gemme particolarmente preziose che sono state interpretate con efficacia sono la melodia malinconica e struggente dell’Adagio espressivo e lo Scherzo, un concitato perpetuum mobile che richiede notevole virtuosismo da parte dell’orchestra. Nel corso dell’esecuzione inoltre sono emersi ancora una volta il carisma e la grande energia di Battistoni, che sa sapientemente affidare al movimento di tutto il corpo l’espressione del pensiero musicale e tenere sempre alta l’attenzione dell’orchestra. Quest’ultima ha saputo rispondere con prontezza alle richieste del direttore, e al termine dell’esecuzione ha manifestato la sua approvazione con copiosi battiti di mani e piedi, che si sono aggiunti a quelli già fragorosi degli spettatori in sala.