Staiti: “Guardare al futuro con nuove prospettive”

Dietro al Politeama Genovese da 26 anni c’è lui, Danilo Staiti, direttore artistico del teatro, persona colta, acuta e lungimirante. Avrei voluto fargli – e quindi riproporvi – un’intervista classica, ma Staiti quando parla del teatro in generale, e del suo in particolare, è un fiume in piena e con occhio attento e perspicace  ha fatto una fotografia della situazione attuale che non merita di essere “tagliuzzata”. Di seguito, quindi, vi ripropongo i miei appunti sulla nostra chiacchierata. Tutto è partito da una domanda banale. Avevo fatto riferimento a un articolo uscito durante il lockdown dove lui, con prudenza, parlava di ripartenza, escludendo già a priori l’idea di ripartire a giugno.

«Abbiamo vissuto il lockdown con la continua speranza di ripartire, coltivata di settimana in settimana e poi smentita dai decreti. Questo approccio, però, era inevitabile. Bisognava tenere viva la speranza di tornare a fare il nostro mestiere e provare ad andare in scena. Perché per chi lo fa, il teatro è vita. È vocazione, di questo si tratta. Come Politeama a marzo abbiamo rinviato i molti spettacoli in cartellone all’inizio della nuova stagione. Siamo anche ripartiti dividendo i 2000 spettatori del primo appuntamento in 5 repliche, ma siamo riusciti a farne 2 su 5. Poi il Dpcm ci ha bloccati.

Ora credo sia arrivato il momento di iniziare a pensare al futuro con una visione che vada un po’ più in là,  pertanto siamo pronti a immaginare spettacoli più agili. Io non ero tra quelli che si sono scagliati contro le decisioni prese. Come Teatro abbiamo anche delle responsabilità, pertanto penso che se il Governo invita i cittadini a restare a casa, sarebbe stata una contraddizione invitare il pubblico a venire, quindi era ed è giusto chiudere. Però penso anche che si dovrebbe usare questo tempo per lavorare a un cambiamento di approccio a livello politico: guardare la situazione in un’altra prospettiva, riformulare le regole di questo mondo. Noi siamo un Teatro privato e le nostre entrate sono dovute al 95% dal botteghino, nessuno come noi ha subito danni. Il nostro fatturato è stato polverizzato. Abbiamo un contributo del Ministero che copre circa il 2% delle spese. Non sono tra quelli che sostengono che i teatri pubblici non dovrebbero avere finanziamenti. Anzi. Dovrebbero averne di più: perché è come viene speso il denaro quello che conta. I teatri pubblici, però, dovrebbero svolgere il ruolo che viene loro richiesto, senza fare concorrenza ai teatri privati con nomi accattivanti per il botteghino. I ruoli dovrebbero essere un po’ più chiari. E poi bisognerebbe colmare questo gap tra il “pubblico e il privato”. Noi come Politeama fatturiamo circa 3.300.000 euro all’anno e facciamo parte dell’ATIP un’associazione di 30 teatri privati tra cui il Sistina, il Manzoni, il Verdi ….Insomma soggetti importanti e tutti insieme muoviamo 50 milioni di fatturato all’anno, quindi il Governo dovrebbe capire che qui non si parla solo di cultura, si parla anche di economia. E la situazione dovrebbe essere riequilibrata e possibilmente al rialzo, non al ribasso. Ultimamente in tanti si stanno rendendo conto anche del nostro ruolo economico e non solo culturale e sociale. Pensate alla zona qui di Corvetto: con i teatri chiusi si è fermata tutta l’economia che ruota intorno: locali, hotel, ristoranti, bar. Credo sia giunto il momento che questo ruolo ci venga riconosciuto. Poi sono d’accordo con chi dice che i soldi non devono essere utilizzati male.

Basterebbe iniziare almeno con degli aiuti fiscali o si potrebbe estendere l’Art bonus anche alle aziende teatrali private. Il mio sogno sarebbe di avere dei soldi extra per investire nella qualità, per riuscire a fare scelte non condizionate solo dall’aspetto economico, scegliendo anche compagnie minori o testi meno conosciuti che non possono garantire “su carta” il tutto esaurito. Penso ai musical, ne esistono tantissimi che sono meno conosciuti, ma per questo non meno belli, su cui nessuno ha coraggio di scommettere. Oppure penso alle grandi compagnie straniere che ormai non vengono più in Italia perché non ci sono le garanzie economiche. C’è poi il problema della promozione e dei grandi sponsor che hanno poche risorse. In ogni caso noi non perdiamo la speranza e continuiamo per la nostra strada, anche perché lo dobbiamo al nostro pubblico. In questo periodo ci stanno arrivando delle mail affettuose al punto che certe volte mi commuovo, addirittura a volte ci arrivano dei bonifici da parte di spettatori che vogliono sostenerci e allora ci rendiamo conto dell’impatto che abbiamo nella vita delle persone. Per mantenere i contatti, quindi, stiamo anche pensando agli spettacoli in streaming, in diretta dal teatro, a pagamento. Anche se in ogni caso non si po’ riprodurre la magia del teatro dal vivo.

Per fortuna il lockdown è arrivato in un momento di grande salute per il Politeama e questo aiuta.

Savina (Scerni, scomparsa a giugno del 2019 e direttrice del Genovese, ndr.) aveva avuto la brillante idea di impegnarci con un mutuo, non certo leggero, per comprare le mura e adesso i vantaggi si sentono . È uno dei tanti grazie che le rivolgo. Manca ogni giorno e da quando non c’è più è cambiato tutto. Rimpiango quella capacità di stare insieme, divertendosi, senza mai troppo stress, comprendendoci con uno sguardo. Idealmente mi confronto ancora con lei e questo mi aiuta a sentirla vicina.»

Savina Scerni, per decenni direttrice del Politeama Genovese, scomparsa nel giugno del 2019