Essere e Tempo – Poetica nell’ esistenzialismo. Parte seconda – Charles Baudelaire

Charles Baudelaire  nacque nel 1821 e morì nel  1867 (anno di pubblicazione del Capitale di Karl Marx), in pieno sviluppo tecnico e industriale. In quegli anni gli uomini, trasferiti dal  lavoro agreste a quello di fabbrica, cominciavano a maturare un’identità di classe sentendo in embrione quella che sarà la  spinta teoretica e sociale del neonato marxismo. Il clima culturale era improntato all’ottimismo e proiettato verso l’avvenire. La dimensione temporale dominante era il futuro  che dà significato al presente il quale non si può comprendere se non riferito all’era di giustizia sociale che viene preparando. Ma Baudelaire  decise di vivere il tempo all’incontrario e oggi forse si  fatica a  valutare la forza che dovette impiegare per muoversi, e pur emergere, contro corrente senza cantare il Progresso cadetto dell’avvenire e che giustifica  programmi a lunga scadenza. Baudelaire, che non vuole intrapprendere nulla, volta le spalle all’avvenire. Per lui la dimensione principale della temporalità è il passato. Egli, costretto ad esistere, aspira almeno ad un’esistenza stagnante. In un certo senso fugge l’iniziativa e il progresso  per proteggersi dalla perpetua instabilità. Il passato è, ma è assente, non presente (pres-ente, presso l’ente). Rifiuta il dramma dell’instabilità, della fuggevolezza del divenire. In Baudelaire il desiderio più forte  è quello di essere, come una statua, come una pietra, nel placido riposo dell’immutabilità. Se i Greci avevano l’ansia del divenire, egli ne ha l’orrore. Baudelaire ha orrore di sentire lo stillicidio del tempo, quello che Sartre, parlando appunto del tempo di Baudelaire , chiama il sempre rinnovato  zampillar del Presente. Non è questo forse l’eterno ritorno di Nietzsche? Nel filosofo tedesco il concetto di eterno ritorno introduce lo stesso profilo temporale che sarà in seguito sviluppato da Heidegger in “Essere e Tempo”. Nietzsche non chiarì mai quel concetto, ma si può affermare che non intendesse uno sviluppo ciclico del tempo, in alternativa alla concezione lineare, tipicamente ebraico-cristiana. Si può affermare che con eterno ritorno, intendesse il perenne ripresentarsi dell’attimo presente. Attimo presente che però appare come assolutamente  in-determinabile, ossia che non può essere de-terminato,  ossia circoscritto da termini, da confini fra eventi (trattandosi di entità temporale), perchè appena compare già non c’è più. Ed  ecco che sia l’essere  che il tempo appaiono gemellati dall’indeterminatezza e che quell’ente, unico, l’uomo, che ha del tempo concezione estesa  nel passato e nel futuro (e non puntiforme nel solo presente), può concepire anche l’altro non determinato da alcun ente, che è appunto l’essere: Essere e Tempo.

Ma tuttavia, le analogie fra Nietzsche e Baudelaire si fermano qui. Quando ne “La chambre double”  in Petit poèmes en prose , Baudelaire scriverà : “ Vi assicuro che ora i secondi sono fortemente e solennemente accentuati e che ciascuno di essi, sprizzando fuori dalla pentola, dice “Io sono la vita, l’insopportabile, l’implacabile vita” qui allora Nietzsche è già molto lontano.