Essere e Tempo – Poetica nell’ esistenzialismo. Parte terza – Adolfo Barisione

“Quando la padrona va a far commissioni, il cugino la sostituisce alla cassa. Si chiama Adolfo. […….]Il cugino s’è alzato, ha fatto qualche passo, s’è messo le mani dietro la schiena, sorride, [……].E’ là, oscillante, e continua a sorridere, con le guance che gli tremano.[……] Ma il tempo è troppo vasto, non si lascia riempire. Tutto ciò che uno vi getta si ammollisce e si stira” (J-P Sartre; La Nausea, pp 34-35-36)

Adolfo Barisione è nato a Genova nel 1946 ed ha trascorso gran parte della  vita ad Arenzano. Attualmente vive quasi esclusivamente a Favignana, ove respira la stessa aria mediterranea che tanto piaceva a Nietzsche, l’aria della musica chiara della Carmen di Bizet, che Nietzsche contrappose all’umida grevità wagneriana. E’ un poeta rionale, ove questo termine non deve sottendere alcunchè di riduttivo. Etimologicamente rionale significa regionale, ma ne ho preferito la parola perchè intuitivamente più umana del troppo geografico  ( o ferroviario) regionale. L’ho preferita non già perchè le poesie di Barisione siano in qualche modo intimistiche o rievocative (il che rappresenta la parte “facile” dell’aspetto umano), ma perchè  Barisione va alla ricerca della stessa problematicità umana di cui si compone l’esistenzialismo. Barisione è un poeta filosofo esistenzialista, o meglio, contagiato dall’atmosfera esistenzialista che si respirava nel dopoguerra come minimo fino agli anni 70.  Ed è nostro, perchè è ligure, della nostra regione, del nostro rione.

Una delle sue composizioni più significative è una breve poesia che si intitola (guarda caso) ESSERE, che fu scritta credo negli anni 90  e pubblicata per al prima volta nel 1995.

Essere

Le cadenze del tempo afferrano indugi

son fili d’intuito.

Il limite arrossa i volti tremanti.

Ignude, le forme trasparenti compaiono sullo sfondo

del glauco universo.

Disarmato dal puro abbaglio del lampo veritiero,

si fa pietra il soggetto.

La scheggia trafigge con urlo di ghiaccio

l’essenza infinita

dell’atomo eterno.

Heidegger riconosceva nel linguaggio e in particolare in quello poetico, la “fondazione dell’essere”. Io credo che  avrebbe potuto scrivere una poesia simile a questa. Incomincia con le cadenze del tempo e si chiude con l’essenza infinita dell’atomo eterno. Ovunque c’è una disperata ricerca di limiti, di certezze di de-finzioni, di significati, di parole. Le cadenze del tempo sono fili di intuito. Il presente, la sola cadenza che viviamo, è un filo impalpabile che riusciamo solo ad intuire, perchè l’attimo che viviamo è già scomparso nell’istante stesso che è vissuto. Ritornerà eterno, come aveva detto Nietzsche, ma intanto non è.

Circoscritte da queste due note temporali (le cadenze del tempo e l’atomo eterno) il limite arrossa ( imbarazza) i volti tremanti. Perchè quest’imbarazzo? Perchè il limite  non c’è ne nel tempo, ne nell’essere e allora le figure si ritrovano ignude e trasparenti cioè in-definite. “Ho bisogno di ripulirmi con pensieri astratti, trasparenti come l’acqua” aveva detto Sartre ne La Nausea. Pensieri astratti, quindi trasparenti ( che appaiono al di la dell’ente) verso l’essere; pensieri ed essere, quasi Cartesio, cogito e sum. E allora, abbagliato dal lampo veritiero ( c’è forse qui il frammento di Eraclito scolpito sulla soglia della baita di Heidegger: “il fulmine governa ogni cosa”?)si fa pietra il soggetto ossia  rifugge dall’orrore del divenire senza il limite, senza la definizione illuminante e rassicurante della parola (e qui c’è tutto il Sartre de “La Nausea”), lo stesso orrore che pietrificava Baudelaire nel  desiderio di  essere come una statua, come una pietra, nel placido riposo dell’immutabilità, nello smettere di esistere e provare ad essere. Ma per smettere di esistere ci vuole la nausea ( Sartre), l’angoscia ( Heidegger), il panico di vedere le figure trasparenti. C’è sempre qualcosa che ostacola la vista, che abbaglia, che disorienta, che disarma, che,  come una scheggia della pietra, trafigge l‘essenza (essere)   in-finita (in-definito) nell‘atomo eterno (la materia stessa che è, eterna nel tempo).

Anche qui Essere – e – Tempo sono e accadono in una contemporanea interpretazione poetica della problematica esistenziale.