Nell’era della spettacolarizzazione della cultura non c’è nulla di più rassicurante dell’assoluta qualità unita alla pulizia formale di una proposta senza inutili fronzoli. Lo spettatore medio lo percepisce subito e non solo i pur tanti affezionati del Coro Monte Cauriol, venuti apposta per il tradizionale concerto natalizio della formazione nata nel 1948 e ufficialmente attiva dal 1950. Molto buono l’affiatamento nel concerto al Carlo Felice del 19 dicembre, nonostante il fermo per la pandemia di 18 mesi e la ripresa regolare circa 3 mesi fa con le dovute precauzioni e una sede più grande per le prove, all’Oratorio San Filippo. Finalmente è arrivata anche l’attesa targa per i 70 anni di attività, ma quel che più conta si è percepito chiaramente il calore del pubblico che non si sarebbe fermato ai tre bis, a giudicare dagli applausi.
Se fosse pittura la musica che scaturisce da questo Coro si potrebbe paragonare alle parole di Germano Celant: “Esperienze narrative impregnate di narrazioni con le cose del mondo”. Qui di vita se ne trova molta, parimenti di storytelling: dalla Patria all’Amore, dalle battaglie inno al valore, soprattutto della Grande Guerra, sino alla pura emozione. Il concerto iniziato con note genovesi e terminato con “La barbiera” (ma se si contano i bis con l’inno degli Alpini “33” chiesto a gran voce e poi, come sempre, con “Ma se ghe pensu”) ha toccato ogni aspetto, dalle canzoni già rese note dal Coro della SAT di Trento ai cori “Classicissimi” degli Alpini sino all’omaggio alle festività con “Stille Nacht” e “Il Tamburino di Natale”. Il Coro Monte Cauriol ha infatti un repertorio vastissimo, tra canti ed elaborazioni popolari dal regionale all’internazionale, che ha anche recentemente registrato e approfondito nel libro di un corista, Franco Ghia, intitolato “Notizie sui Canti in repertorio”.
Il programma della serata è stato improntato alle “star” delle canzoni popolari e nell’insieme ha davvero funzionato, in particolare con i brani che hanno ricordato i monti da Courmayeur alla Majella, arrivando ad esprimere in modo sopraffino colori e tessiture in una bella “Ninna Nanna” e dando ottima prova d’insieme nel pezzo “Sul rifugio”.
Il Coro è diretto dal 2013 dal Maestro Massimo Corso che ha raccolto l’eredità del padre Armando, mancato pochi mesi fa, e ha impresso il suo stile con raffinate (e anche complicate a volte) armonizzazioni, con la medesima grande preparazione e passione del predecessore nel tenere insieme la forza della voce del coro maschile. Come ben scriveva Giulio Bedeschi: “ cantare in coro è prima di tutto un atto di umiltà, non c’è gara per prevalere, ma l’offerta di ognuno per il risultato collettivo”.
Il veterano del coro è il noto avvocato Enrico Colamartino, critico e pianista, di cui abbiamo letto tante recensioni e scritti, negli ultimi tempi in particolare su Il Secolo XIX. Nella serata si sono esibite anche le nuove leve, che hanno arricchito i tenori secondi e i bassi (Giacomo Malerba e Stefano Carità).
I proventi della serata sono stati devoluti alla Gigi Ghirotti. In più il Ministero dei Beni Culturali ha incluso il Coro Monte Cauriol nell’elenco delle associazioni a carattere culturale potenzialmente ammesse al riparto delle risorse derivanti dalla destinazione del 2×1000 dell’IRPEF (CF Coro Monte Cauriol 01032060103).