La Vedova allegra, humour e malinconia nella Vienna del valzer

“Questa non è musica”, aveva sentenziato l’austero direttore del Teatro an-der Wien dopo aver ascoltato le prime prove della Vedova allegra di Lehar. E quando dopo duecento trionfali repliche seguite al debutto dell’operetta il 28 dicembre 1905, fu offerta al compositore una medaglia, questi chiese che venisse incisa la frase: “Questa non è musica”. La vendetta è un piatto da servire freddo. Franz Lehar si tolse una bella soddisfazione e del resto la Vedova allegra, il suo indiscusso capolavoro, è ancora oggi annoverato fra le operette più belle nella storia di questa forma teatrale,.

La vedova allegra allieterà il Natale dei Genovesi, o meglio il Capodanno. Andrà infatti in scena il 30 dicembre al Carlo Felice (ore 20) per essere poi replicata nei giorni 31 dicembre (ore 15), 1° (ore 15), 2 (ore 15) e 5 gennaio (ore 20).

Questa mattina la produzione è stata presentata in Teatro dal sovrintendente Claudio Orazi con il direttore artistico Pierangelo Conte e il cast al completo..

Elisa Balbo sarà Hanna Glawari

Il lavoro verrà proposto in un nuovo allestimento del Teatro genovese e nella nuova traduzione italiana e adattamento drammaturgico di Luca Micheletti che ne firmerà anche la regia e vestirà i panni del Conte Danilo. Sul podio dei complessi stabili genovesi salirà lo specialista Asher Fisch, mentre le scene e i costumi saranno di Leila Fteita. Il cast prevede Elisa Balbo nelle vesti della bella vedovella Hanna Glawari; accanto a lei e a Micheletti, si esibiranno Bruno Praticò (il Barone Zeta), Francesca Benitez (Valencienne), Pietro Adaini (Camille), Ciro Masella (Njegus), Claudio Ottino (Visconte de Cascada) e Manuel Pierattelli (Raoul).

Micheletti, come si è detto, ha curato anche la traduzione: “Abbiamo voluto rimettere in discussione la vecchia traduzione italiana che risale a quella di Fontana del 1907. Le parti cantate sono state ritradotte interamente con la sola eccezione dei due brani più celebri quali “E’ scabroso” e “Tace il labbro”. Per le parti in prosa ho messo a confronto diverse edizioni cercando di ricostruire una drammaturgia. L’operetta di Lehar è una scatola magica, elegante, comica, ma senza esagerazione e così la vogliamo riproporre”.

La giusta del secondo atto

“Quando si porta fuori dai confini austriaci un’operetta viennese è sempre un problema – ha osservato Fischer – E’ infatti difficile avere risultati ottimali sia nel canto che nella recitazione per i problemi linguistici. Qui abbiamo una situazione felice perché sarà in italiano con un cast totalmente italiano. In più un regista che canta la parte di Danilo è per me una garanzia in più!”.

Francesca Benitez sarà Valencienne

L’operetta richiede in effetti agli interpreti non solo doti canore, ma più ancora che l’opera, prestazioni attoriali: “Il cast – osserva Francesca Benitez, Valencienne – è formato infatti da attori che debbono anche cantare e cantanti che debbono pure recitare, Per noi la difficoltà sta, naturalmente, bel far correre la voce nelle parti recitate, operazione non facile specialmente in uno spazio come il Carlo Felice. Ma siamo soddisfatti di come stanno andando le prove. Personalmente, poi, mi ritengo una privilegiata. Ho debuttato nel 2018 nel mio teatro e da allora sono sempre tornata tutti gli anni. Lo spettacolo lo avevamo già provato  un anno fa e poi la pandemia ci aveva bloccato. Dunque la regia era già stata in qualche modo risolta ora dobbiamo metterla in pratica. Lo spettacolo è ambientato negli anni Venti, Trenta del Novecento e l’allestimento si basa sull’utilizzo di macchine sceniche. Ad esempio nel primo atto c’è una tavolone girevole, mentre nel secondo domina una giostra con curiosi animali che alludono ai caratteri o alle situazioni della storia”.

Un girare intorno che, nell’idea di Micheletti, richiama al vorticoso roteare delle coppie nel valzer: “L’epoca romantica – ha scritto Remi Hess (Il valzer, Einaudi, 1993) -è caratterizzata da un’aspirazione verso l’infinito e il movimento del valzer lo evoca. In matematica l’infinito è rappresentato da un 8 coricato, un duplice anello che si avvolge su se stesso e in se stesso. Quale simbolo migliore per il valzer che costituisce una continua variazione attorno al cerchio, al cilindro, alla sfera….”

La vedova allegra si basa su un testo che Victor Leon e Leo Stein avevano tratto da un vecchio lavoro di Henri Meilhac, L’attaché d’ambassade. Una storia frivola come si ritrova in tante operette fra Ottocento e primo Novecento, costruita però con garbo e soprattutto tagliata su misura sulle esigenze del teatro leggero viennese.

L’operetta viennese era nata sul modello di quella francese, portata al successo dal geniale Offenbach. C’era tuttavia una differenza sostanziale. A Parigi le trame, divertenti e segnate da invenzioni “scandalose” (l’incredibile can can dell’Orfeo!) avevano anche un intento satirico: l’autore prendeva garbatamente in giro il potere e poteva permetterselo perché Napoleone III glielo consentiva ritenendo uno spettacolo musicale assai meno “pericoloso” di un testo teatrale o letterario. Niente censura, insomma e, anzi, alle prime delle operette di Offenbach Napoleone non mancava mai. A Vienna, gli Asburgo erano assai meno disponibili,  e l’operetta doveva puntare su altri elementi di richiamo. La giusta ricetta la trovò Johann Strauss junior che con Il pipistrello compose il primo autentico capolavoro del teatro leggero austriaco. Suo degno erede, Lehar. In entrambi c’è l’eleganza melodica e c’è, soprattutto, il valzer che domina le loro partiture. Rispetto a Strauss, Lehar è meno brillante sul piano drammaturgico e più portato a inserire un pizzico di patetismo che non guasta.

La storia di Hanna Glawari, vedova bella e giovane che vive  a Parigi circondata dal bel mondo e sul cui patrimonio ingente hanno messo gli occhi i rappresentanti politici del suo Paese (Pontevedro) sull’orlo del fallimento, offre pretesti per feste, gags, ma anche momenti di più malinconica riflessione: nella crisi dello sperduto Stato di Pontevedro si specchiano le paure di una società viennese che viveva la sua ultima grande stagione, prima della disgregazione dell’impero.