C’è spesso una certa diffidenza nel pubblico quando si tratta di ascoltare il repertorio operistico barocco. In realtà i melomani genovesi, qualche anno fa, si sono giustamente entusiasmati assistendo al “Giulio Cesare” di Haendel. E per il barocco, come per qualsiasi altra epoca della storia della musica, il problema è trovare gli interpreti giusti in grado di restituire al meglio la partitura.
Ieri sera il primo appuntamento con il ciclo dedicato al Carlo Felice a “Mozart l’Italiano” ha avuto per interpreti due eccellenti artisti, il direttore, flautista e compositore Federico Maria Sardelli e il mezzosoprano Vivica Genaux. Ed è stato un successo indiscutibile.
Elegante, simpatica, affascinante, la Genaux ha una splendida voce, pienamente padroneggiata in virtù di una tecnica solida. Tessitura ampia, bel colore, l’artista passa da un lirismo morbido alle acrobazie virtuosistiche proprie della scrittura barocca con estrema naturalezza,
Il programma lo ha ampiamente dimostrato. L’aria di tempesta dal “Catone in Utica” è una sorta di tour del force per le arditezze melismatiche della parte: la soluzione è stata impeccabile e di una limpidezza eccezionale. Poi, nel bis dal “Tito Manlio” nell’aria accompagnata dal solo flautino (Sardelli) e dal violoncello (Riccardo Agosti) la Genaux ha trovato accenti di intensa espressività lirica.
La presenza di Vivaldi nel programma dedicato a Mozart l’italiano si spiega con la volontà da parte del Teatro di accostare ad ogni concerto pagine di Amadeus ad autori italiani contemporanei o anteriori. Il pubblico, dunque, accanto a pagine del Vivaldi operistico e del Vivaldi sacro, ha ascoltato due Sinfonie mozartiane, la n.1 e la n.39. Sardelli, eccellente accompagnatore della Genaux ci ha piacevolmente convinto nella più ingenua e fresca Sinfonia n.1 (scritta da Mozart a 8 anni circa), mentre ci ha entusiasmato meno nella n.39 per un piglio a tratti un po’ troppo nervoso e aggressivo. Orchestra, comunque, impeccabile, anche nell’altro lavoro che completava il “menù”, una “ouverture per un’opera mai scritta” composta dallo stesso Sardelli e presentata in prima assoluta: una rivisitazione del barocco italiano risolta con buon mestiere.
Applausi calorosi, poco pubblico. Un peccato.