Non seguendo da anni il calcio, mi sono accorto quasi per caso dei campionati mondiali in Qatar. Ci si chiede adesso perchè proprio in Qatar, con un clima tremendo, la carenza di infrastrutture, la relativa angustia del territorio (grande circa come l’Abruzzo) e la popolazione di meno di tre milioni, tutti ricchi e quindi non disposti a piegare la schiena sotto il sole per prepararle. Tuttavia la soluzione di ogni riserva è nota a tutti ed è una sola : il denaro; l’inesauribile disponibilità di denaro dell’Emirato. E di conseguenza la insopprimibile possibilità di corruzione, di intimidazione, di prevaricazione e di sfruttamento. Da qui al grido di dolore sui diritti umani calpestati il passo non è breve; non c’è affatto.
La polemica quindi infuria e pare quasi più invasiva della manifestazione stessa. Essa va dallo sfruttamento quasi schavistico delle maestranze reclutate fra immigrati poveri, quindi non solo disposti, ma obbligati a piegare la schiena sotto il sole, all’insulto ambientale dovuto ai titanici impianti di refrigerazione nei colossali stadi, dove calciatori e spettatori godono di temperature sui 20 gradi, mentre fuori ce ne sono 30, e oltre 40 ce n’erano in estate, quando migliaia di malriusciti lavoravano per dieci ore al giorno e qualcuno ne è morto, ma in silenzio. Dopodichè sono arrivati i principeschi diritti televisivi e giù giù (o su su), fino ai 2500 euro a notte della suite di Neymar, alla fascia arcobaleno “one love” vietata ai giocatori eccetera. Ovviamente passando attraverso una sconvolgente rete di corruzione in ogni direzione immaginabile (e forse un po’ di più) compreso il mercato internazionale di armi. Cose arcinote e riscontrabili in rete anche da chi, come me, ha difficoltà persino ad aprire la e-mail. Al punto che addirittura la direttrice di Rai Sport, Alessandra De Stefano, si è abbandonata ad un pubblico piagnisteo, affermando che i caporioni della FIFA sarebbero “corrotti e imbroglioni” e che valeva la pena di non trasmetterli proprio questi mondiali (intanto l’Italia non c’è…..) però poi li trasmettiamo, perchè il calcio è di tutti e “la Rai fa un servizio pubblico”. Giusto. Eppure l’assegnazione risale al 2010 e il Qatar esiste come stato indipendente e con questo ordinamento dal 1971. La signora non lo sapeva? D’altra parte il presidente della FIFA Gianni Infantino ha detto che la corruzione è sempre esistita e che l’Occidente dovrebbe vergognarsi, prima che dei suoi mondiali, delle nefandezze con cui da secoli tormenta il mondo. Giusto anche questo. D’altronde che il calcio sia sporco lercio e che da lustri vada avanti fra corruzioni e menzogne lo sapevamo già. Ma tutti se ne infischiano e sempre se ne sono infischiati, continuando a riempire gli stadi e a guardare le partite in tv con tutte le antenne e i decoders possibili. Riguardo poi all’ambiente, pare che la climatizzazione degli stadi stia riversersando nell’atmosfera milioni di tonnellate di CO2 infischiandosene a sua volta dell’ astio dell’implume Greta. Insomma tutti si infischiano di tutto perchè, perdio! i Mondiali sono i Mondiali!
Tuttavia il fatto che in Qatar abbiano colto l’occasione per mettere a punto sistemi di controllo del clima su spazi aperti come gli stadi, non potrebbe magari essere il primo passo verso un controllo sullo spauracchio più di moda degli ultimi tempi, ossia il cosiddetto riscaldamento globale? Non potrebbe essere il primo passo per arrivare a “climatizzare” intere città o addirittura intere regioni? Si, mi direte, il progresso è come le bugie, vola. Però inquina. Certo, ma tutto ciò che è sviluppo tecnologico ha delle scorie che vanno smaltite e, in un modo o nell’altro, inquinano. Dalla preistoria (ossia il periodo non tramandato per iscritto che è di centinaia di lunghezze più esteso della storia) fino alla rivoluzione industriale del diciannovesimo secolo, non c’era inquinamento. I romani, tanto per lavarci i panni sporchi in famiglia, hanno soggiogato e sfruttato il mondo, ma senza inquinarlo. Vogliamo tornare indietro? Tranquilli, anche se volessimo non sarebbe possibile. Quanto alla corruzione e al calpestio dei diritti umani, ci sono sempre stati, anzi, per millenni non esistevanoi nemmeno diritti umani da calpestare, quindi anche se tornassimo indietro non servirebbe a niente.
Ma allora che fare?
Qualcosa si può, ma, ammetiamolo, concretamente e al di là delle chiacchiere, molto poco. Fra le cose fattibili, si può combattere l’attuale travolgente invasione del mercato (eufemismo per dire soldi) usando come arma il mercato stesso.
Lo so che non è elegante parlare di sé, ma adesso che sono avanti di età ho capito che quando c’è qualcosa che non va, o che per lo meno non va a me, in genere il rimedio più efficace è cercare di cambiare me stesso, oppure evitare l’ostacolo. Quindi a tutti coloro che gridano scandalizzati ai mondiali del Qatar, consiglio semplicemente di non guardarli. Questo è il motivo per cui, ormai da anni, non seguo il calcio. Non perchè non me ne piaccia lo spettacolo, ma perchè non lo approvo eticamente. Come non approvo eticamente la maggior parte di quanto propina la televisione (in genere propaganda) e quindi in casa mia la tv non c’è. Mi piace sbagliare di testa mia. Se una cosa non mi sembra giusta o, meno pomposamente, non mi garba, cerco di non farla, nè assecondarla, senza tanti proclami e tante prediche. Se giudichiamo i mondiali una cosa sporca (economicamente, socialmente, per l’ambiente o per quel che ci pare) non li guardiamo. E se sei il direttore di Rai Sport, non li trasmetti. Altrimenti sei colluso. Poi puoi fare tutte le prediche che vuoi.
………….Tuttavia……..
Tuttavia talvolta mi chiedo se proprio tutto quello che amo sia amabile e quello che disprezzo spregevole. I fautori dell’età dell’oro (il buon tempo antico) rimpiangono per esempio i bei tempi in cui non esistevano né la tv né gli smartphone né il calcio. E che la gente parlava di filosofia e di Dio, oppure magari solo pettegolezzi (gossip), ma perlomeno comunicava guardandosi in faccia e non uno schermo. Ma riflettiamo.
I Greci (che peraltro gestivano allegramente la sessualità in ogni direzione senza bisogno di arcobaleni) erano tutti saggi e profondi? Duri e puri? O forse avevano essi pure il loro “calcio”, loro idoli, le star? E se si, chi erano i grandi eroi del mito, ossia dei racconti (perchè mito significa racconto), delle chiacchiere la sera dopo cena, che sono adesso la nostra tv? Al tempo di Pericle, ma anche dopo, per i Romani, o ancora nel medio evo, i personaggi simbolo, dicevo, chi erano? Non erano forse Achille, Ettore, Aiace, Ulisse, Enea, Orlando, il Cid e altri le cui gesta oggi vediamo con tanta commossa aura di poetica ammirazione, perchè sono diventati dotta letteratura? Ma, ai loro tempi, mica lo erano. Erano idoli popolari, come adesso i divi di ogni genere, musica, tv, sport. Ma c’è una differenza non da poco. Quelli erano guerrieri. Si perchè per tutta la storia la normalità era la guerra. La pace era considerata una parentesi transitoria. Durante la quale magari si andava anche allo stadio. Ma allo stadio i Romani, per esempio, tifavano per guerrieri, i gladiatori, finti, che però si ammazzavano davvero. E nel medioevo le giostre dei cavalieri erano godibili anche quando ci scappava il morto. E dal medioevo al rinascimento e fino all’800 ci si radunava in piazza a godersi lo spettacolo dei patiboli come oggi facciamo con i maxischermi per la finale. E non si portavano forse i bambini nella piazza del paese a vedere il teatrino dei pupi in cui Orlando uccideva il feroce saladino? E allora , chissà, non è forse meglio che adesso i bambini si scambino le figurine dei giocatori (non so se esistono ancora) e indossino la maglietta di CR7? E si vada allo stadio per la partita (sia pur corrotta, truccata, finta, concordata) e che i nostri eroi siano calciatori piuttosto che guerrieri?
Che il calcio faccia politica e si sostenga su tanti soldi spesso non limpidi (ma i soldi, quando sono tanti, sono mai limpidi?) ci scandalizza. Però lo sport è politica, lo è sempre stato. Specialmente quando coinvolge grandi numeri. Non era forse politica la vittoria di Jessy Owen alle olimpiadi di Berlino del 1936 davanti a Hitler? Non c’era forse politica nella conquista del K2 nel ’54 da parte di Ardito Desio e dei suoi uomini? Non era politica la rinuncia alla corona dei massimi di Cassius Clay per dire no alla guerra in Vietnam? Non era politica il pugno chiuso di Smith e Carlos a Città del Messico nel ’68? E la Coppa Davis del ’76 giocata e vinta con la maglia rossa nel Cile nero di Pinochet? E che dire dei mondiali di calcio del 1978 vinti da un’Argentina che doveva vincerli? E, non è forse passata alla storia come gesto politico la “mano de Dios” di Maradona contro l’Inghilterra delle Falkland nei mondiali dell’86? Per inciso Maradona tentò di alzare il coperchio sul marciume della FIFA, ma tutti i suoi colleghi, politicamente, lo lasciarono solo. Oggi in Qatar tutto si tinge di politica. Il sequestro delle magliette “Freedom” agli spettatori, dà, ad una scritta di per sè innocente, un potente valore politico. Chi censura la freedom significa che ne ha paura.
Che lo sport sia intriso di intrighi (assonanza voluta) e di politica, e di politici intrighi, non è bello e tanto meno etico. Ma nella storia sono sempre stati il potere e la guerra a condurre la politica. Il potere era in mano alle caste aristocratiche e al clero. Con la crescita della borghesia passò al profitto. Oggi il profitto conduce tutto e quindi anche lo sport che tuttavia, per sporco e corrotto che sia , è sempre meglio della guerra. In apertura ho ammesso che l’evento “mondiali” mi ha colto quasi di sorpresa. Eppure, come ho già ricordato, l’assegnazione risale al 2010 e il Qatar esiste come stato indipendente e con questo ordinamento dal 1971. Però ci sono voluti i mondiali di calcio per scoperchiarne la realtà a me e al grande pubblico. Quindi chissà che anche il calcio, con tutti i suoi miasmi, non assuma, qualche volta e senza volerlo, un ruolo nella conoscenza e nel progresso e quindi nella cultura. Forse ciò di cui oggi giustamente ci scandalizziamo racchiude, pur con tutti i suoi esecrabili limiti, la speranza in un lento cammino verso un futuro migliore.
Insomma, se proprio non possiamo fare a meno di idoli, meglio Ronaldo che Rolando; meglio i gol di Maradona che gli eroi di Maratona.
Ma fino a quando e a quale prezzo?