E’ un dio Apollo crudele e vendicativo quello che si accanisce contro Edipo Re nella omonima tragedia di Sofocle. La maledizione degli dei può colpire chiunque, anche un re amato e rispettato dal proprio popolo. Al centro della tragedia c’è dunque lo scontro fra l’inesorabilità del destino e la libertà dell’individuo.
Nel rileggere e ridurre il testo di Sofocle, il regista Andrea De Rosa, nello spettacolo presentato ieri sera al Teatro Ivo Chiesa (coprodotto dal Teatro Nazionale con altri teatri italianiI , ha dunque posto l’accento proprio sul rapporto fra Edipo e Apollo.
Non a caso, ha spiegato lo stesso regista, un unico attore veste i panni del dio e di Tiresia, il suo “portavoce”. E a Apollo è rivolta una supplica nella quale il traduttore del testo Fabrizio Sinisi non ricorre ai termini normalmente usati per il dio (solare, aggraziato), ma lo immagina “vendicativo, obliquo, ambiguo, sanguinario”.
Edipo è “innocente” tutto ciò che gli accade e che detemina le sue azioni avviene “a sua insaputa”. Però l’oracolo regola il destino di tutto e determina il repentino mutamento dell’esistenza di Edipo, prima osannato come salvatore di Tebe e poi costretto all’esilio dopo la doppia scoperta di essere il figlio abbandonato del re Laio e di esserne stato l’inconsapevole assassino.

In una scena spoglia con microfoni montati su strutture trasparenti e mobili, agiscono i personaggi e il coro rappresentato da due attrici (Francesca Cutolo e Francesca Della Monica) alle quali è affidato il canto, ora nenia dolorosa, ora grido acuto, a dare corpo al lamento di Tebe devastata dalla peste.
Bravi gli attori: Marco Foschi ha vestito i panni di Edipo, Roberto Latini si è diviso fra Tiresia e Apollo, Frédérique Loliée ha ricoperto il ruolo di Giocasta e infine Fabio Pasquini ha dato voce a Creonte.
Applausi calorosi, repliche fino a domenica prossima.