Un’ultima cosa: cinque congedi al femminile

Le orazioni funebri sono un esercizio letterario più o meno ripetitivo. Che sia un’autorità politica a pronunciarla o un parente stretto, del defunto si trasmette sempre un’immagine distorta, non solo perché vista da altri, ma anche perché di maniera, di facciata, spesso forzatamente encomiastica.

In Un’ultima cosa, lo spettacolo proposto ieri sera con successo al Teatro Duse, Concita De Gregorio, giornalista ben nota al grande pubblico, editorialista di “Repubblica” e volto de La 7, ha immaginato cinque orazioni funebre pronunciate da altrettante donne per loro stesse.

“Tutto è nato – ha spiegato la De Gregorio che non solo è l’autrice, ma anche la protagonista in scena della piece, accanto alla splendida cantante Erica Mou – come un progetto teatrale, di scrittura drammaturgica. Ho scritto la storia di dodici donne che ho incontrato nella mia vita, che oggi non ci sono più. Donne importanti che tuttavia non sono molto conosciute, che hanno vissuto ai margini, spesso note solo per essere legate ad una figura maschile di riferimento (nel caso di Dora Maar, Picasso).  Creature eccentriche alla fine considerate anche pazze e invece straordinariamente preveggenti e illuminate. Ho pensato, attraverso le loro parole, di ricostruire la loro orazione funebre”.

Un esercizio letterario, dunque, basato tuttavia su una attenta conoscenza dei personaggi affrontati, del loro modo di essere e di pensare, delle loro stesse parole.

Ecco, allora, che la Maar, Carol Rama, Amelia Rosselli, Maria Lai e infine la genovese Lisetta Carmi (lo spettacolo propone cinque donne a rotazione fra le dodici a cui si è dedicata l’autrice, variando il copione di piazza in piazza), parlano di sé, dicono quel che probabilmente non hanno mai detto con una tale forza liberatoria. Sono donne che hanno vissuto appartate per scelta o per costrizione, non hanno accettato le regole di una società spesso rifiutata e ostile, hanno scelto la libertà di essere loro stesse contro ogni codice del perbenismo imperante. E le loro cinque orazioni funebri costituiscono un messaggio su cui riflettere perché non riguarda solo loro.

Lo spettacolo, costruito con intelligenza dalla regista Teresa Ludovico, è di forte tensione. Concita De Gregorio è bravissima nel restituire i cinque caratteri femminili, attraverso letture diversificate, ora scandite, pensate, pausate, ora precipitate, nervose, aggressive.  Una gamma di umori e di timbri che rende le “ultime cose da dire” di  potente suggestione, anche grazie alla fondamentale componente musicale. La musica accompagna l’intero spettacolo: una ninna nanna di poetica eleganza apre la serie di letture a significare che l’inizio e la fine della vita quasi si toccano, il cerchio si chiude.

Erica Mou ha voce splendida, canta con intelligenza, ha una ammirevole verve scenica, e quando si sovrappone alla De Gregorio dà vita a un raffinato contrappunto vocale che amplifica il senso delle parole, rendendole ancora più risonanti, più forti.

Applausi interminabili, replica stasera, da non perdere.