Nuovo spettacolo de I Legnanesi al Politeama Genovese

I Legnanesi sono tornati in scena al Politeama Genovese con un nuovo spettacolo “Non ci resta che ridere”, un omaggio alla pellicola “Non ci resta che piangere” del 1984 di Massimo Troisi e Roberto Benigni, da cui viene preso lo spunto del viaggio nel tempo.

Tante le novità all’insegna dell’innovazione, dal cast alle scelte registiche della nuova rivista all’Italiana.

Il sipario, infatti, si apre non sul classico cortile che ospita la famiglia Colombo, bensì a Parigi all’interno del museo del Louvre. Mabilia (Enrico Dalceri) – in un abito chic in stile parigino – ammira la Gioconda insieme a mamma Teresa (Antonio Provasio) e papà Giovanni Colombo (Lorenzo Cordara), che sfoggiano gilet gialli catarifrangenti nelle sale del Louvre, mentre fuori i manifestanti fanno dei loro gilet gialli il simbolo della protesta inseguiti dai gendarmi.

Inizia, così, l’avventura del trio con il furto de La Gioconda che li catapulta nel Cinquecento all’interno del laboratorio milanese di Leonardo da Vinci dove tra gli ospiti ci sono Michelangelo, Raffaello, Botticelli e la Monnalisa.

Nel dipanarsi della storia, la trama segue in modo abbastanza fedele il film. Ne sono un esempio le canzoni che i Colombo cantano a Leonardo Da Vinci: “Fratelli d’Italia” e “Nel blu dipinto di blu”.

Sul palco Antonio Provasio nei panni della Teresa svolge eccezionalmente il ruolo di “capocomico” spalleggiato degnamente da Enrico Dalceri e Lorenzo Cordara. Quest’ultimo ha rivestito i panni di Giuan al posto dello storico e bravissimo Luigi Campisi che ha deciso di ritirarsi dalle scene nel 2019, suscitando diverse polemiche, soprattutto sui social, a cui nel finale dello spettacolo viene appunto dedicato un capitolo. Il testo avrebbe permesso un leggero allontanamento dal personaggio classico visto che la storia a un certo punto vede un intervento al cervello di Giovanni. Gli autori, però, hanno scelto di rimanere fedeli alla maschera, e Cordara ha saputo essere all’altezza del compito.

Altro grande assente: il dialetto. I dialoghi, infatti, sono molto italianizzati e le battute della Teresa vengono spesso tradotte in consecutio, perdendo così quella tradizione dialettale tipica della compagnia teatrale.

La trama, inoltre, non convince fino in fondo, soprattutto durante il primo tempo, risultando poco costante e coerente. Nonostante le scenette siano divertenti, suscitando le risate del pubblico, manca una visione d’insieme che le colleghi fra loro determinando così a volte dei vuoti drammaturgici da colmare.

Merita una citazione Maicol Trotta che interpreta il Salai, bizzarro braccio destro di Leonardo da Vinci, nonché il perfetto antesignano di Berlusconi con la parlata milanese e la passione per il canto.

Entusiasmano le straordinarie coreografie ricche di luci e di colori affidate alle sapienti mani di Dalceri. Il pubblico ha potuto così assistere allo scoppiettante can-can tutto al maschile dei bravissimi Boys, per un lungo omaggio a Parigi, e alle intramontabili note di “Mamma” di Beniamino Gigli e Claudio Villa.

Nel secondo tempo la storia si sposta nel 1918 dove troviamo il tradizionale cortile trasformato in un sanatorio per i feriti di guerra. Qui il racconto diventa più fluido e conciso risultando più godibile.

In conclusione, come sopra accennato, vi è il capitolo dedicato alla tecnologia e un’accusa ai social network e agli haters.

Infine, l’immancabile uscita sulla ribalta in smoking e l’invito di Antonio Provasio a continuare ad andare a teatro per non farlo morire, e a vivere la vita, quella vera fuori dai social.

Uno spettacolo sicuramente divertente per i neofiti che ha visto le risate e gli applausi del pubblico genovese, ma che potrebbe far storcere il naso ai fans storici per gli innumerevoli discostamenti dalla tradizione della compagnia teatrale lombarda.