Dopo due anni dall’ultima esibizione presso il teatro, ritorna a suonare per la GOG il Quartetto Latinoamericano. In attività da oltre quarant’anni, con più di 70 CD e 200 composizioni in repertorio, è composto da tre fratelli – Saul, Aron ed Alvaro Bitran – e dal violista Javier Montiel. Pluripremiato nell’ambito della musica latina, opta tuttavia per un programma classico, condividendo il palco con il pianista ceco Pavel Kaspar. La scelta del programma prevede due opere magistrali: il Quintetto per quartetto d’archi e pianoforte di Dvorak e il quello di Brahms.
Bellezza tematica e forti capacità espressive contraddistinguono le pagine del compositore ceco, la cui composizione apre la serata. Il primo tema, di carattere sognante, viene esposto dal violoncello, sostenuto dagli accordi del pianoforte. Fin da subito la melodia viene pervasa da una nota malinconica, che non abbandonerà mai la composizione.
Al secondo violino è affidata la prima variazione del tema, che interrompe l’atmosfera onirica con un frase dal carattere drammatico e vigoroso, e prevede per la prima volta la partecipazione di tutti gli strumenti. Si nota un leggero squilibrio sonoro. Esiti più interessanti vengono raggiunti con il ritorno del primo tema, ripreso in acuto dal primo violino anche se si avverte una certa mancanza espressiva necessaria a cogliere l’essenza della partitura.
Il secondo tempo vede il ritorno del carattere malinconico, proprio del canto popolare slavo su cui è costruito l’intero movimento. Ad esso viene contrapposta una sezione più ritmica, in cui emerge la lodevole scelta timbrica del pianista.
L’esecuzione dello Scherzo, sempre su tema popolare, risulta più brillante, restituendo sufficientemente al brano la sua vitalità caratteristica.
L’ultimo movimento, caratterialmente vivace, presenta tre temi ed una sezione di fugato, le cui voci non si riescono tuttavia a percepire distintamente, a causa di un equilibrio imperfetto tra le parti.
Il secondo tempo è dedicato all’esecuzione del Quintetto di Brahms, maestro ed amico di Dvorak.
Interessante considerare l’iniziale scelta del compositore dell’organico, che prevedeva un quintetto d’archi. Non soddisfatto, e su consiglio dell’amica Clara Schumann, riscrisse l’opera sotto forma di sonata per due pianoforti. La modificò un’ulteriore volta ottenendo il risultato ambito. La scelta nacque da una necessità espressiva che Brahms individuò infine nella combinazione delle possibilità timbriche ed espressive degli archi e del pianoforte.
L’esecuzione raggiunge il climax nel terzo movimento, dove si apprezza una maggiore sintonia tra gli strumentisti.
Applausi calorosi e, come bis, la ripetizione di una parte del terzo movimento di Dvorak.