Jazz: una band italiana con successo ad Amsterdam

Un bel concerto quello del 30 novembre scorso alla Bimhuis di Amsterdam: protagonisti Marta Arpini e la sua Pocket Orchestra, dieci giovani musicisti, in buona parte italiani, i quali hanno scelto di completare i loro studi nella capitale olandese, che evidentemente offre notevoli opportunità ai nuovi talenti, come quella, appunto, di poter proporre la propria musica originale in ambienti di grande prestigio internazionale. La Bimhuis, che si affaccia sui canali nella parte nord di Amsterdam, è un bell’edificio moderno  costruito a metà degli anni settanta e perfezionato successivamente, ed è  oggi considerata una delle sale più  all’avanguardia per struttura ed acustica, e per questo molto amata dai musicisti jazz.

Al centro del progetto musicale che abbiamo avuto modo di conoscere l’altra sera, la giovane Marta Arpini: ventottenne, originaria di Crema,  ha studiato alla Scuola Civica di Milano prima di trasferirsi in Olanda dove ha conseguito un master in Canto Jazz; primo premio al Keep an Eye the Records con l’album “Forest Light” (2020), è oggi alla suo secondo lavoro dal titolo “I Am a Gem”, pubblicato all’inizio del 2022 per l’etichetta Dox Records.

La Arpini propone musiche originali – di cui compone tutti gli arrangiamenti ed i testi in inglese – ed ha già uno stile tutto suo, un mix di pop, indie ed underground, jazz, in cui si scorgono le influenze più varie, dai Beatles agli autori contemporanei, come lei stessa ci spiega: “Gli artisti che ascolto di più, oltre ai grandi del passato tra cui soprattutto Duke Ellington, sono Bill Frisell e Brad Meldhau. E, in effetti, da ragazzina sono cresciuta con i Beatles”.

La “Pocket Orchestra” è formata da dieci elementi. Il quintetto di base comprende – oltre alla leader cantante, compositrice e chitarrista – Giacomo Camilletti alla batteria, Mauro Cottone al contrabbasso, Adrian Moncada al pianoforte e sintetizzatore, Massimo Imperatore alla chitarra. Preziosi per il sound della band gli altri cinque strumentisti che con i loro interventi (in qualche caso assoli improvvisati ma in genere parti scritte interamente dall’autrice) rendono davvero particolare l’impasto sonoro, già molto interessante rispetto a tanta musica di oggi sotto il profilo compositivo e degli arrangiamenti. La piccola sezione fiati infatti –  con Ketija Ringa-Karahona al flauto, Jessie Brevé al clarinetto basso e Charalampos Chronis al  trombone – offre un valido contributo ai brani della Arpini, che talvolta si sviluppano in piccole suites in cui fraseggi melodici orecchiabili sono sostenuti e variati con  cambiamenti ritmici e soprattutto soluzioni armoniche inattesi.

Belli i cori delle due vocalist – Līva Dumpe e Sanne Huijbregts che suona anche lo xilofono e la kalimba – che ricamano linee per nulla scontate sul canto principale della Arpini, dotata di una personalità vocale delicata ma decisa.  D’effetto, infine,  l’intervento corale a cappella di tutta la band al completo che spezza efficacemente uno degli ultimi pezzi eseguiti.

Applausi calorosi dalla sala al completo.

E complimenti da parte nostra alla cultura musicale ed alle istituzioni olandesi che sostengono i giovani artisti  molto di più di quanto non avvenga purtroppo nel nostro Paese.