“ Ho notato che i giovani molto sensibili non sono granchè bravi col pianoforte. Chi ha sensibilità estetica porta raffinatezza nella professione ma non riesce a farsi ubbidire dallo strumento…”
“Solo diteggiatura, piano e forte, ritmo – questo è quanto posso insegnare qui…”. Così Ferruccio Busoni da Vienna in una lettera alla moglie Gerda il 16 ottobre 1907. Chissà cosa avrebbe pensato il maestro di Jae Hong Park, ventunenne sudcoreano giunto al Primo Premio del Concorso pianistico internazionale a lui dedicato il 3 settembre scorso, al termine di un’estenuante maratona svoltasi a cavallo tra il 2020 e il 2021 in uno degli anni più difficili per la popolazione mondiale funestata dalla pandemia Covid-19. Con la importante collaborazione della “ Steinway & Sons “ le selezioni sono state possibili in 23 saloni della casa distribuiti tra i 4 continenti dove i 93 candidati ammessi tra i 506 iscritti provenienti da 28 paesi si sono esibiti a distanza affidando le loro interpretazioni alla più alta tecnologia audio-video curata dai migliori professionisti di tutto il mondo. I 28 candidati così selezionati giunti a Bolzano hanno affrontato le prove conclusive assottigliandosi nella rosa dei finalisti premiati.
Nella cornice della suggestiva città di Bolzano, ponte di diverse culture, il moderno Teatro Comunale inaugurato nel 1999 da Sergio Mattarella allora Vicepresidente del Consiglio, la 63° edizione del Premio ha impegnato come è tradizione l’Orchestra Haydn diretta dal maestro estone Arvo Volmer. Una finale di notevole interesse a cominciare dall’esecuzione del primo candidato, il
Jae Hong Park impegnato nel terzo concerto di Rachmaninov . Park , dotato di una tecnica ineccepibile che non conosce insicurezze, rende i respiri melodici della fine del primo movimento lasciandosi cullare dal lirismo elegiaco del compositore , vivendo e trasmettendo una contemplazione estatica della natura: sembra di vedere i colori delle campagne russe vicino Novgorod frequentate dall’autore in gioventù.
Il secondo candidato Lukas Sternath, austriaco è il più giovane dei tre finalisti: ha vent’anni e propone il Concerto Imperatore di Beethoven. Il meglio di sé lo da nella sensibilità con cui rende l’Adagio poco mosso dove il tocco è una carezza di rara intensità, ma nel dialogo serrato con l’orchestra nei movimenti estremi sembra smarrire a tratti la sicurezza e il controllo della prassi esecutiva mancandogli forse quell’aggressività e spavalderia che abita nei grandi.
Intenso, vivido, tecnicamente inscalfibile l’approccio nell’affascinante Secondo Concerto di Prokofiev offerto dall’ultimo candidato Do-Hyun Kim ; il più anziano della terna (27 anni) sempre teso alla ricerca di un’espressività oggettiva, risolve la seducente e intricata partitura in una attenta e profonda lettura in cui scopre i contenuti più nascosti. Applaudito fragorosamente dal pubblico gli manca l’impercettibile segno del genio interpretativo che al suo connazionale più giovane è stato donato dal cielo..
Non passa più di un quarto d’ora dal termine delle esecuzioni che la giuria internazionale presieduta dal celebre Louis Lortie e comprendente Nareh Arghamanyan (Armenia), Alessio Bax (Italia/Usa), Federico Colli (Italia),Till Janczukowicz (Germania), Francesco Filidei (Italia), Helene Mercier (Canada), Eliane Rodriguez (Brasile), Alexander Romanovsky (Ucraina/Italia) e Mikhail Rudy (Russia/Francia) da lettura dei premiati menzionando il 4° classificato Serena Valluzzi (Italia), il 5° classificato Vladimir Petrov e il 6° classificato ex-aequo Francesco Granata (Italia) e Ilia Ovcharenko (Ucraina). Successivamente proclama il 3 °classificato Lukas Sternath (Austria); il 2° classificato Do-Hyun Kim e il vincitore Jae Hong Park.
Il successo di Park è indiscusso ancora più meritevole perché per quasi la metà delle volte, da quando si celebra questo concorso, il primo premio non era stato assegnato.
Tra i più celebri vincitori del passato ricordiamo Jorg Demus (1956), Martha Argerich (1957), Giuseppe Andaloro (2005). E vale la pena ricordare che tra i finalisti del prestigioso Concorso figura anche, nel 1994 il genovese Corrado Rollero, scomparso, purtroppo, troppo presto all’età di appena 31 anni.