L’animazione non è un gioco da ragazzi, si cade in nell’atemporalità, vale a dire nella chiave di volta dell’infinito. Una dimensione che è solo della grande cultura, capace di farsi udire a gran voce anche quando i suoi messaggeri ci lasciano. Questa volta è un grande addio, quello di Giannalberto Bendazzi ( Ravenna 1946, Genova 2021) che ha cambiato la storia del cinema di animazione, oltre le censure ideologiche, oltre lo stupore che un film disegnato potesse essere per adulti. Prolifico saggista, giornalista, scrittore, ma soprattutto grande storico e critico del cinema oltre che docente, autore di studi incomparabili su Alexandre Alexeieff e Quirino Cristiani, pronto a lasciare il seme della conoscenza in ciascuno, a passare il testimone, sempre misurato, dedito agli altri. Si potrebbe anche dire sociologo e filantropo: grazie alla suo amore per Genova e all’empatia con chi fattivamente sa valorizzarne i tesori ha lasciato a Palazzo della Meridiana in comodato, già da tempo, una immensa biblioteca sul cinema d’animazione con testi preziosi, introvabili, tanto che sono in fase di catalogazione e di messa online con pressoché tutti i titoli del mondo dell’animazione.
L’animazione in assoluto tende al concetto supremo di libertà, per adoperare le parole di Giannalberto Bendazzi, decisamene più efficaci, “Questa è la ragione fondamentale per cui io mi sono innamorato dell’animazione -spiegava nella recente intervista a Palazzo della Meridiana (per intero in video) – se io vedo un oggetto, un albero, un panorama è inconfutabilmente così, ma se io sono in grado di disegnare o dipingere ciò che la macchina da scrivere o la telecamera va a leggere, allora sì che raggiungo il massimo della libertà creativa e nessuno può dirmi che questo non si può fare o che per quello si deve impegnare un budget troppo consistente. Il cinema d’animazione non ha necessariamente bisogno di grandi investimenti. Naturalmente c’è il contrappasso: quando tu puoi tutto , non puoi niente. Dalla dialettica, dal confronto si trova la spinta”.
A lui la spinta non è mai mancata. Uomo di ricerca, dalla cultura e dalla generosità sconfinata, ha unito il mondo fisico e la mente universale dando degli input che travalicano qualsiasi confine. Così come quando nello “Zibaldone animato” (Marsilio) parlava di Luzzati e Gianini – come nell’incontro del mese scorso per l’Associazione Amici di Palazzo della Meridiana (articolo con tutte le informazioni cliccando qui), sempre in sinergia con il suo braccio destro di tante ricerche ed eventi Luisa Cecchi Famiglietti – svelandolo attraverso la maschera della fabula. “E’ il piacere stesso di esporre- ha scritto- è la narrazione nel suo farsi, è il mondo nella sua evocazione. In questo caso è l’artista stesso, Luzzati, a sottolineare di essere un illustratore e non un pittore, di aver sempre cercato di raccontare strie o di commentarle con tutti i mezzi a disposizione. Perchè, diceva, illustrare con il teatro, con il disegno animato , col manifesto, col murale, con i libri, è molto di aiuto per capire meglio l’essenza di ognuna di queste materie“.
Giannalberto Bendazzi, critico e storico del cinema, ha ricevuto nel 2019 il primo dottorato honoris causa mai assegnato a uno studioso di animazione (Universidade Lusófona de Humanidades e Tecnologia di Lisbona). È autore di Animazione. Una storia globale (Utet 2018, 2 volumi) originariamente pubblicato negli Stati Uniti (Animation. A World History, CRC 2016, tre volumi). Ha tenuto conferenze in tutto il mondo e ha insegnato all’Università degli Studi di Milano e alla Nanyang Technological University di Singapore. È stato professore a contratto presso la Griffith University di Brisbane e direttore della collana «Focus» della casa editrice angloamericana CRC, specializzata in critica e storia dell’animazione.