Il Coronavirus ha stravolto le vite di tutti, ma ci sono alcune categorie più provate di altre, anche perché il loro ruolo non sempre ha il giusto riconoscimento. Pochi giorni fa il Presidente del Consiglio ha reso noto il famoso “Decreto Rilancio” suscitando un po’ di maretta tra gli addetti al settore del mondo dello spettacolo che si sono sentiti appellare come “quelli che tanto ci fanno divertire”. Ma c’è chi guarda oltre e si rimbocca le maniche, perché il momento è critico e avere sulle spalle la responsabilità di un intero teatro non è semplice. Parlo di Emanuele Conte presidente e regista della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse. Negli anni “quelli della Tosse” sono stati capaci di reinventare il teatro, aprire nuovi spazi, concepire nuove formule, portare a Genova artisti stranieri ancora poco conosciuti in Italia, dare vita a dei veri e propri “assembramenti” di pubblico, parola sino a qualche tempo fa entusiasmante e oggi temutissima. Ma il Teatro della Tosse non teme le sfide.
-Dal primo lockdown a oggi sono passati più di due mesi che cosa è cambiato per il vostro Teatro?
«Non è cambiato molto, siamo sempre chiusi. Ad oggi ancora non possiamo lavorare in palcoscenico. La direzione e gli uffici amministrativi, in smart working, stanno gestendo l’emergenza, cercando di accedere a tutti i possibili finanziamenti e tutele per i dipendenti e per la sopravvivenza della Fondazione. Naturalmente senza dimenticare la nostra missione di fare arte e cultura, anche attraverso la Rete. Con dirette streaming e spettacoli online, gratuiti e a pagamento».
-Come sempre avete trovato delle idee originali e alternative… in primis internet, ma anche il telefono?
«Ci rendiamo conto di cosa sia La Fondazione Luzzati Teatro della Tosse proprio quando ci arrivano proposte originali e interessanti come Theatre on a Line di Iraa Theatre, compagnia Italo/Australiana con cui collaboriamo da molti anni, che ci ha fatto questa proposta che Amedeo Romeo ed io abbiamo immediatamente accolto».
-La stagione però è finita e il consueto appuntamento estivo con la Tosse quest’anno non si potrà realizzare…
«La stagione nelle sale è stata interrotta, questo è vero, ma noi andiamo avanti, oltre che con Theatre on a Line, anche grazie all’adesione spontanea di tanti attori, con i Tarocchi su Goodmorning Genova. Il Mistero dei Tarocchi, in pillole, nato da un’idea di Marco Montoli che ha chiesto come avremmo voluto ricordare Tonino (Conte, fondatore del Teatro e padre di Emanuele, ndr.) morto il 21 marzo .E poi ci sono i tanti laboratori e letture per ragazzi, sempre sui social, e talmente tante altre iniziative che nemmeno io le conosco tutte. Per quanto riguarda l’attività estiva, per noi d’importanza fondamentale, non sarei così pessimista. Certamente dovremo adattarci alla situazione, ma io sto lavorando ad uno spettacolo da allestire, probabilmente, nel mese di luglio. Un allestimento che tenga conto, non solo delle norme sanitarie e di distanziamento sociale, ma anche dell’aspetto emotivo e psicologico che tutti stiamo vivendo. Le difficoltà per chi fa il nostro mestiere devono essere uno stimolo ad operare, ad inventare, a sperimentare».
-Pensate che il Governo stai tutelando sufficientemente i lavoratori dello spettacolo?
«È una faccenda complessa che il Coronavirus ha portato all’evidenza, ma che esiste da sempre, in Italia; a livello normativo, si lavora con leggi antiquate e gravemente inadeguate. Un pasticcio unico in Europa che sarebbe il momento di riformare completamente».
-Voi che siete maestri di strategie, se vi chiedessero un parere per affrontare questa crisi che cosa proporreste?
«Maestri di strategie è lusinghiero ma forse un po’ troppo. Se qualcuno chiedesse a dei teatranti come gestire un paese in emergenza sanitaria da Coronavirus, mi preoccuperei molto».
-Avete avuto riscontri dal vostro pubblico? Messaggi che vi hanno dato la forza per reagire?
«Sì, tanti, sempre. Ci scrivono ogni giorno sui social, ma anche in privato. A volte è difficile ricordarsi che gli spettatori siano i nostri datori di lavoro, sembra di comunicare con vecchi amici. Vecchi amici che ti scrivono per farti i complimenti, per chiedere informazioni, per lamentarsi, per avere chiarimenti, per dirti che non sono d’accordo con i contenuti di un certo spettacolo o di una dichiarazione pubblica, danno suggerimenti. Sono presenti e attivi, ora più che mai.In merito a questo, vorrei ringraziare tutti quegli spettatori, e sono veramente tanti, che hanno scelto di rinunciare al rimborso di biglietti già venduti per spettacoli annullati e delle quote di abbonamenti non godute. Oltre a rappresentare un aiuto concreto è stato un segno di fiducia e amicizia di grande valore. Grazie di cuore!».
-Questa pandemia, secondo lei, cambierà radicalmente le nostre abitudini o un giorno tutto potrà tornare come prima?
«Direi che le nostre abitudini sono già cambiate. Gli essere umani sono molto adattabili, come i virus… Sono gli unici mammiferi presenti in qualsiasi parte del globo, anche negli habitat più inospitali, perfino nello spazio. Quindi, continueremo ad adattarci come è sempre stato nel corso della storia, solo che in questo caso dovremo essere molto più veloci. Il “come prima” non credo esisterà più. Se non altro perché questa esperienza lascerà segni profondi, nel bene e nel male. Dopo un terremoto, anche quando le scosse sono finite, quel che viene è molto diverso da quel che era prima».
-Voi avete “inventato” il teatro itinerante, trovato mille luoghi alternativi al “teatro” per fare arte, ma riesce difficile pensare di mantenere il distanziamento in determinate situazioni… Pensa che sia possibile?
«Stanno cominciando a uscire, proprio in questi giorni, quelle che potrebbero essere le norme da seguire per poter fare spettacolo già a partire dalla prima settimana di giugno, ma ancora ci sono molto dubbi. Posto che si dovranno evitare situazioni di assembramento, per il resto è ancora tutto da capire. Forse potremo, per gli spettacoli itineranti, seguire le normative in vigore per i musei. Forse. Per quanto riguarda il teatro in sede, personalmente riterrei opportuno attendere la fine dell’estate e, valutata la situazione contingente, aprire anche le sale teatrali».
-Intanto bisogna in qualche modo pensare anche alla prossima stagione invernale…
«Naturalmente stiamo pensando anche alla stagione invernale 20/21, che è già programmata da tempo, ma credo che in questo momento si possa solo “navigare a vista”. Stiamo pensando ad un progetto di ristrutturazione che ci permetta di adattare le nostre sale alle nuove esigenze sanitarie, ma che sia abbastanza flessibile da permetterci di tornare velocemente anche ad una gestione non emergenziale».
-Se dovesse fare un augurio al Teatro della Tosse?
«In bocca al lupo! E che il lupo campi a lungo!».