Gennadij Rozdestvenskij, sacerdote della musica

Il 16 Giugno 2018 Gennadij Nikolaevic Rozdestvenskij lasciava questo mondo. Nato nel 1931 da Nikolaj Anosov, anch’egli direttore e Natalia Rozdestvenskaija, cantante lirica, Gennadij era stato stregato dalla musica dopo aver visto al teatro Bolshoi di Mosca l’opera La fiaba dello zar Saltan di Rimskij Korsakov. Dopo gli studi con il padre e il diploma in pianoforte con Lev Oborin, la carriera gli si apre davanti a sé quando dirige, sempre al Bolshoi, la prima del balletto Spartacus di Aram Kacaturian.

Dieci anni dopo viene nominato direttore dell’Orchestra sinfonica della radio di Mosca, con cui realizza memorabili concerti, tournèes e registrazioni per l’etichetta sovietica Melodyia. David Oistrak lo apprezzerà particolarmente e realizzerà con lui e l’orchestra della radio eccezionali ed ineguagliate esecuzioni del repertorio violinistico: i concerti di Beethoven, Mendelssohn, Brahms, Ciaikovskij, Sibelius, Szimanovskij, Bartok, fortunatamente conservati in diverse registrazioni, ne sono preziosa testimonianza. Nel 1978 si rifiuta di dimettere dall’orchestra i professori di origine ebrea ed è costretto a lasciare l’incarico. Molte altre volte si scontrerà con la burocrazia sovietica, soprattutto quando gli impediranno l’esecuzione di lavori non allineati, come la prima sinfonia di A. Schnittke. Nel 1979 sposa la pianista Victoria Postnikova. I due avranno presto il figlio Alexander, violinista tra i più apprezzati oggi. Nel 1980 fonda l’orchestra sinfonica del ministero della cultura, proseguendo l’esplorazione di un repertorio sconfinato, che spazia da Monteverdi ai contemporanei. Nel frattempo diventa anche direttore principale dell’orchestra della BBC, dei Wiener Symphoniker, dell’orchestra filarmonica di Stoccolma. Dirige orchestre massine come i Wiener Philharmoniker, i Berliner, la Filarmonica di New York, la London Symphony orchestra, la Staatkapelle Dresden, la Tonhallè di Zurigo, l’orchestra del Concertgebouw di Amsterdam e orchestre di nuova formazione come la Filarmonica d’Islanda, l’orchestra sinfonica di Kuala Lumpur, la Yomiury symphony orchestra. Sarà amato ed apprezzato da autori come Sostakovic, Stravinskij, Schnittke, Gubaidulina. Questi ultimi dedicheranno a Rozdestvenskij parecchie loro composizioni, che verranno da lui dirette in prima mondiale.

Insignito della Legion d’onore, del premio Lenin e del titolo di artista del popolo, collezionerà molti altri riconoscimenti. Ma queste notizie non costituiscono altro che un freddo curriculum, anche se di altissimo livello. Con la sua scomparsa, se ne va un altro grande sacerdote della musica, un artista che sapeva andare al cuore della musica come pochi altri, e che sapeva unire la cura del dettaglio ad una capacità di analisi complessiva profonda ed aliena da compiacimenti esteriori. Ricordo che dopo un’indimenticabile esecuzione della tredicesima sinfonia di Sostakovic ad Amsterdam, mi ero fatto coraggio di proporgli di venire a dirigere al Carlo Felice di Genova. Si era da poco insediato il nuovo direttore artistico Alessio Vlad che si era detto entusiasta della possibilità di avere un direttore del suo calibro a Genova. Gli viene proposto Fidelio; Rozdestvenskij rilancia Leonore. Vlad accetta. Un mese e mezzo prima però mi dice: “Bello scherzo ci ha fatto il tuo amico, non può venire”. Tra me e me dico che l’unica occasione di una sua venuta a Genova è sfumata per sempre. Invece l’anno successivo viene per un concerto sinfonico e propone la Suite Caracteristique di Glazunov, la Rapsodia su un tema di Paganini di Rachmaninov con la signora Victoria al piano ed il Capriccio italiano di Ciaikovskij. Il pubblico genovese, non sempre così sensibile ai valori musicali specie in campo sinfonico, apprezza ma non sembra entusiasmarsi né per l’esecuzione, né per la presenza di una leggenda vivente in un teatro secondario. Ben altra accoglienza gli sarà tributata due mesi dopo alla Scala, dove viene rispettosamente e doverosamente accolto alla sua entrata in scena, per un concerto con la Filarmonica conclusosi con una Quinta ciaikovskijana di unica poesia e bellezza.

Nel 2016, in occasione del suo 85° anniversario aveva diretto una serie di concerti il cui programma rifletteva ancora una volta, la sua ampiezza di interessi: ogni concerto si apriva e si chiudeva con una messa giovanile di Mozart e nel mezzo figuravano lavori noti e meno noti del ‘900: Hindemith, Prokofiev, Bartok, Sostakovic, Szymanovskij. In uno di questi concerti, con la Cappella di Stato di Mosca già Orchestra del Ministero della cultura, dopo una superba esecuzione del primo concerto per pianoforte di Prokofiev, eseguito da Victoria Postnikova con tecnica ineccepibile e poesia allo stato puro, i due propongono come bis l’Andante del concerto kv488 di Mozart, sublimamente restituito con lentezza nobile, intima, definitiva. Un’ombra di presagio triste permeava quell’interpretazione, nella consapevolezza che forse sarebbe stata l’ultima apparizioni insieme. I segnali della malattia erano già evidenti in lui. Questi concerti sono tutti visibili sul sito della Filarmonica di Mosca all’indirizzo www.meloman.ru.

Il suo approccio interpretativo privilegiava, specialmente negli ultimi anni, tempi molto comodi, grazie ai quali colore, timbro e suoni armonici venivano messi in luce in modo naturale e rivelativo. Il senso del colore faceva sì che le partiture russe e francesi, si accendessero in un equilibrio di estroversione ed intimismo perfettamente giocati in un dialogo raffinatissimo. Perfino pagine banali come il Bolèro o il Capriccio italiano, nelle sue mani rivelavano aspetti nuovi, poetici, anti virtuosistici ed antienfatici, senza perdere la loro forza.

Originali i suoi programmi dove potevamo trovare accostati Ives, Stravinsky, Sibelius e Johann Strauss, mirabilissimo il suo Sostakovic (ritornò a Genova per un tutto Sostakovic che non si tenne per incomprensioni con l’orchestra e quando io mostrai il mio disappunto mentre andavamo a cena insieme a Boccadasse, liquidò l’argomento dicendomi: “Lorenzo, è meglio avere dei buoni ristoranti piuttosto che delle buone orchestre”!), uniche le incursioni operistiche. Le sue esecuzioni del Semyon Kotko di Prokofiev, del Boris Godunov e della Fiaba dello zar Saltan, ascoltate dal vivo alla Scala e all’Opèra di Nizza, restano scolpite come paradigmatiche. Curiosi i suoi giudizi sui colleghi, tra cui spiccava la stima per Celibidache (ricambiata dall’esigente rumeno che amava invitarlo a dirigere i Filarmonici di Monaco) e per il dimenticato Willy Ferrero, ascoltato a Mosca negli anni 50. Testimone di una vita musicale di enorme importanza nel suo paese, Gennadij Nikolaevic era un uomo dedito al buon umore ed all’umorismo ed emanava il fascino di una personalità singolare, a tratti intransigente, ma sempre tesa all’ impegno di offrire un  illuminante patrimonio di originali intuizioni e convinzioni, proposte con straordinaria energia, spesso contro tutto e tutti,  a favore di una verità musicale verso cui pochi sembrano  essere più interessati.