Fasolis fra Mozart & Rossini

Preceduto da un breve intervento di un giovane coro nell’atrio del Teatro, grazie a una collaborazione con l’Unicef, ieri sera il ciclo itinerante “Mozart l’italiano” è approdato al Carlo Felice con un programma incentrato sul Salisburghese e su Rossini.

Sul podio Diego Fasolis del quale ricordiamo la bella direzione del Giulio Cesare nell’ormai lontano 2007.

Menù articolato, fra pagine orchestrali e interventi vocali affidati al mezzosoprano Lucia Cirillo. Fasolis ha eseguito in apertura l’Ouverture dalla Clemenza di Tito, l’opera con la quale nell’ultimo anno della sua vita, il 1791, Amadeus tornò all’opera seria italiana, abbandonata dieci anni prima dopo l’Idomeneo. Dalla stessa opera era tratta la successiva aria Parto, ma tu ben mio, caratterizzata dalla presenza del clarinetto in funzione concertante. L’esecuzione di Fasolis è parsa accurata, variata nelle dinamiche, anche se il suo Mozart ci è sembrato a tratti un po’ troppo nervoso; irreprensibile l’interpretazione della cantante  Cirillo che ha evidenziato una elegante vocalità e lodevole la lettura della clarinettista Valeria Serangeli per morbidezza del suono e limpido fraseggio.

Dopo la Sinfonia mozartiana K 181, di Amadeus si è ascoltata anche la raffinata aria Ch’io mi scordi di te? K 505 appartenente a quel repertorio di “arie da concerto” che Mozart ha lasciato e che sono spesso fra le pagine più felici del suo repertorio vocale. In questo caso la pagina, composta per la partenza per l’Inghilterra di Anna Selina Storace, cantante fra i protagonisti delle Nozze di Figaro, affianca alla voce il fortepiano obbligato in un dialogo serrato, restituito ieri sera con gusto dalla Cirillo e dalla strumentista Silvia Gasperini.

Seconda parte di marca quasi interamente rossiniana con tre pagine dal Barbiere di Siviglia: l’Ouverture, il Temporale e il successivo recitativo e aria Ma forse ohimè…Ah se è ver che in tal momento. Fasolis ha mantenuto la tastiera in orchestra rifacendosi a una consuetudine ancora in voga nel periodo rossiniano, fase di passaggio da una prassi esecutiva legata alla presenza del compositore al cembalo con compiti direttoriali, a quella successiva e moderna con il direttore sul podio e la bacchetta in mano. In questo caso Fasolis ha, come dire, mescolato le carte, avvalendosi della tastiera, ma guidando il tutto dal podio con indubbia energia e freddo vigore.

Applausi calorosi.