La “Filosofia della danza” per Selena Pastorino

La danza è un collettore di emozioni, un simbolo tangibile della nostra cultura che unisce corpo, cuore e mente. Già Nietzsche nel “Crepuscolo degli idoli” scrisse: “La danza, in tutte le sue forme, non può essere esclusa da una nobile educazione: danzare con i piedi, con le idee, con le parole, e devo aggiungere che bisogna esser capaci di danzare con la penna?”. Tutte caratteristiche che si ritrovano in una pubblicazione gioiello realizzata per Il Melangolo da Selena Pastorino, dottore di ricerca in Filosofia e docente liceale di Filosofia e Storia, da sempre dedita alla danza classica, perfezionatasi costantemente con maestri di chiara fama.

Foto courtesy stampa di PIETRO MARINO
Foto courtesy stampa di PIETRO MARINO

 

Il titolo prescelto per la pubblicazione “Filosofia della danza” sottende alle principali chiavi di lettura: una riflessione filosofica su questa arte universale e sulle sue diramazioni particolari sottolineando l’importanza del “fattore corporeità” onesto e personale. “E’ il tentativo di muoversi sul terreno del corpo -aggiunge Selena Pastorino- con cui la filosofia non si sente sempre a proprio agio o che tiene a distanza attraverso il filtro della speculazione”. Un modo totalizzante di sentire, di percepire, di acquisire consapevolezza dove il corpo e la mente devono reimparare a stare insieme. Si passa così attraverso i vari capitoli dalla “seduzione” (“se-durre”, portar via) al “gioco” (postura, passi), sino a svariate “riflessioni” ordinatamente elencate (in sala, in scena, in corpo) e all’ultima sezione ,“pulizia”, dove Pastorino rivela come ogni passo di danza risulti preciso, pulito solo quando è onesto, non puramente meccanico. “Danzare è pensare col il corpo”, riassume il grande coreografo e stage director svedese Mats Ek. Lo sviluppo di questi argomenti è dettagliato, ma intellegibile anche ad un ampio pubblico, ed è seguito a ruota da un utile glossario al testo.

Tentando per sommi capi di calarci nella trattazione la “seduzione” o fascinazione è il primo contatto che abbiamo con la danza, ma fin dall’inizio mette di fronte a difficoltà: “quest’arte è un percorso di apprendimento, non è riconducibile solo a quell’espressione libera che si vede da fuori. E’ frutto di un lavoro su noi stessi, sul corpo, e passa attraverso la vulnerabilità. Se avete affrontato almeno una volta nella vita una lezione di danza capirete perché qualcosa non torna più come prima, non si dimentica”. Riscoprire il corpo significa a cascata reinterpretare la realtà tutta. L’altra questione che ci si trova di fronte è, come già accennato, il “gioco”: “Le regole – spiega l’autrice- vanno giocate, non ci si può limitare a restituirle, a imitarle o idealizzarle. Bisogna superare l’ideale e farlo diventare parte di noi stessi, viverlo pienamente”.

Particolare della copertina tratto dallo scatto in courtesy stampa di LISA OLIVARES
Particolare della copertina tratto dallo scatto in courtesy stampa di LISA OLIVARES

 

Parola di filosofa, ma anche di chi si misura ad ottimi livelli con quest’arte da una vita: “Ho iniziato a 6 anni per abbandonare nel periodo della preadolescenza, ma non potevo restare distante a lungo. Ho ripreso dai 14 anni e non mi sono più fermata”. Questione di stimoli, di ambiente, ma soprattutto di motivazioni personali, di abbracciare quel fuoco che diventa un orizzonte a cui tendere a dispetto di tutto, un elemento fondamentale della propria esistenza.

L’urgenza della scrittura deriva per Pastorino dalla necessità di esplorare lo spazio (sia fisico sia mentale che abbracci entrambe e dimensioni in modo totalizzante e dialogico) con una certezza già evidenziata dai grandi del passato: “Ogni uomo dovrebbe danzare, tutta la vita. Non essere un danzatore, ma danzare”. Una frase probabilmente apocrifa da molti attribuita a Rudolf Nureyev che continua a regalare il gradiente fondamentale dell’esistenza: la comprensione e la fedeltà a noi stessi svincolata da ogni omologazione o stereotipo.

 

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