L’inverno è tra noi: metal e sinfonica connotano l’epicità dei Winterage

La Venere del Botticelli di schiena mostra quello che vede dal suo angolo visuale agli amanti dell’arte sulla copertina dell’ultimo lavoro dei Winterage (Daniele Barbarossa, Gabriele Boschi, Gianmarco Bambini, Matteo Serlenga, Luca Ghiglione) : un ribaltamento di prospettiva e una celebrazione dell’immortale e innegabile bellezza di cui si pasce l’uomo di tutte le generazioni. Sono queste, insieme all’invito all’ascolto “ars longa vita brevis sic tibi terra levis” dell’ouverture iniziale, le premesse che rendono l’opera appetibile fin da subito. Poi, addentrandosi tra i diversi brani, Winterage è la dimostrazione di come la musica classica non abbia frontiere o preclusioni e possa affiancarsi a generi musicali completamente diversi come, in questo caso, l’Heavy Metal.

La band ligure nata nel 2008 è giunta oggi al secondo album su scala internazionale e propone una miscela esplosiva di rock duro sinfonico con elementi operistici, un’orchestra di cinquanta persone ed arrangiamenti che non sfigurerebbero nella colonna sonora di un prossimo “Pirati dei Caraibi”, almeno ad ascoltare la bellissima e già citata “Overture”. “The inheritance of beauty” è infatti un amalgama perfetta, una sintonia eccellente fra power metal e situazioni liriche, anche grazie al violino e agli arrangiamenti di Gabriele Boschi, uno dei fondatori del gruppo.

Se il primo album “Harmonic Passage” presentava pezzi che erano o heavy metal o sinfonie classiche, adesso nel nuovo lavoro, tutti questi fattori risultano legati insieme, e non più frammentati, per offrire all’ascoltatore un turbinio di emozioni sostenute anche dalla magnifica voce della band, quella di Daniele Barbarossa. Di tutto questo ne abbiamo parlato con Gabriele Boschi, che è figlio del Conservatorio Paganini di Genova, tra i più attivi e conosciuti della sua generazione.

Quali sono gli elementi classici e quanto è stato complesso scrivere per sinfonica, per coro?

G.B. “Nel corso della composizione dei nostri album abbiamo sempre avuto un occhio rivolto al repertorio lirico/sinfonico, essendo la musica classica una delle nostre maggiori influenze. La decisione di registrare i brani utilizzando l’intero organico orchestrale e corale ne è un primo esempio: in un mondo (quello della musica rock) sempre più finto e ‘di plastica’, avere dei veri musicisti con i loro strumenti ed il loro trasporto artistico all’interno del nostro sound, è senza dubbio un valore aggiunto per un gruppo che si dichiara symphonic metal. Nelle nostre canzoni, abbiamo sempre inserito delle citazioni di brani provenienti dal repertorio ‘classico’, per sottolineare questa nostra influenza, citando alcune tra le partiture più famose. Abbiamo quindi fuso all’interno dei nostri pezzi, alcuni estratti dalla suite del Lago dei Cigni e da quella dello Schiaccianoci di P.I.Tchaikovsky, altri dalle sinfonie No. 1 e 9 di A.Dvořák, e anche qualcosa dal Macbeth di G.Verdi. Il risultato a me piace molto, talvolta le abbiamo inserite lasciandole invariate, altre volte abbiamo aggiunto dell’energia aggiungendo il comparto rock, fondendo perfettamente i due stili: a me piace sempre fare l’esempio dell’Ouverture 1812 di Tchaikovsky, il quale per esasperare la potenza dell’orchestra ha persino voluto inserire lo scoppio di alcuni cannoni; o quello di G.Mahler il quale nella sua ottava sinfonia, per avere più suono ha aggiunto decine e decine di musicisti aggiudicando alla composizione il soprannome di ‘Sinfonia dei Mille’. La domanda cruciale è: se questi compositori avessero avuto a disposizione una chitarra elettrica ed una batteria, le avrebbero inserite in organico? Ecco la mia visione di symphonic metal: un’orchestra potenziata. Infine, i nostri album iniziano sempre con una Ouverture solamente orchestrale, la quale preannuncia i temi e le melodie dei brani del disco, rispettando le ‘regole’ che definiscono le ouvertures dell’opera lirica.

Per quanto riguarda la scrittura orchestrale e corale invece, il problema principale riguarda la quantità di parti, più che la difficoltà di scrittura: con quest’ottica di ‘orchestra allargata’ bisogna studiare bene a priori lo spettro sonoro che ogni strumento andrà ad occupare, in modo da far sentire tutto senza che gli strumenti classici e quelli rock si rubino lo spazio frequenziale a vicenda. E’ stato impegnativo ma divertente!”

Quali assoli di violino avete inglobato e con quali caratteristiche?

G.B. “I soli di violino in questo nuovo album si rifanno un po’ di più al repertorio violinistico virtuosistico. Essendo diplomato in violino al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, ho voluto giocare questa carta in modo da aggiungere un tratto distintivo che in questo genere poco si sente. Quindi scale, arpeggi, note ribattute molto veloci (il metronomo dei nostri pezzi oscilla in genere dai 170 ai 200bpm!), possono ricordare passaggi presi da concerti per violino dell’epoca barocca e romantica. Inoltre, questo genere si è sempre sposato bene con giri armonici e virtuosismi neoclassici, spesso eseguiti dalla chitarra elettrica, quindi perché non far giocare un po’ anche il violino!”

La classica con l’heavy metal pensi che possa piacere anche agli amanti della classica? Ti hanno incoraggiato in Conservatorio o hai trovato un ambiente più purista?

G.B. “In genere l’ambiente della musica ‘colta’ chiamata classica è piuttosto chiuso e settoriale. Non sta a me giudicare se giustamente o no o quale genere può vantare di essere chiamato colto e quale no. Essendo appassionato di entrambi i generi ed apprezzandoli molto, non ho mai trovato scandaloso prendere ciò che mi piace da uno e dall’altro e fonderli assieme, creando una commistione di generi a mio parere interessante. Di norma, il pubblico che ci ascolta è composto da ascoltatori metal, che però apprezzano molto anche la musica classica e sinfonica; mentre è più raro trovare un ascoltatore di musica classica che ascolti anche altri generi, soprattutto il metal, anche se non impossibile.

A mio parere, con un po’ di apertura mentale, anche un ascoltatore di musica classica potrebbe apprezzare brani symphonic metal: d’altronde i punti di forza del nostro genere si ritrovano in melodie orecchiabili, armonie interessanti, virtuosismi vocali e strumentali, tutti punti in comune con la musica classica. Certo, il sound di base è molto diverso e più aggressivo, ma superato questo scoglio, ci si potrebbe accorgere di poterlo apprezzare”.

Il testo a cui sei più legato dell’album?

G.B. “In assoluto quello dell’ultimo brano ‘The Amazing Toymaker’, una suite di mia composizione per rock band, orchestra sinfonica, coro lirico, coro leggero, coro di bambini, soprano solista e narratori. Il testo parla di un costruttore di giocattoli, il quale attraverso le sue creazioni vuole risvegliare l’istinto artistico e ‘bambinesco’ nelle persone, tentando di dischiudere nei loro cuori la purezza che l’animo umano possiede, ma che sempre di più è sepolta dal grigiore delle logiche egoistiche e votate al guadagno, della nostra società. Nel pezzo, quasi ricordando Lo Schiaccianoci, i giocattoli provenienti da mondi diversi tra loro si animeranno. Invitando l’ascoltatore a danzare con essi, lo rassicureranno sul fatto che il loro mondo esiste, è solo nascosto dentro di lui. Lo sproneranno quindi ad abbandonare tutte le sue certezze, per seguire ciò che di più puro esiste nel suo cuore: il giocattolaio nel suo discorso finale ci rivelerà che questa è la vera eredità della bellezza, titolo dell’album”.