Ennio Morricone, inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita.

“È curioso osservare e riesaminare la propria vita attraverso un percorso del genere. Ad essere onesto non avrei mai pensato che lo avrei fatto. Poi ho conosciuto Alessandro De Rosa, e questo progetto si è sviluppato così gradualmente e spontaneamente che io stesso ho ripreso contatto con i fatti che emergevano, quasi senza rendermene conto, man mano (…) Si tratta senza ombra di dubbio del miglior libro che mi riguarda, il più autentico, il più dettagliato e curato” . Sono le parole di Ennio Morricone quando ha deciso di fare il suo libro -testamento, in cui racconta la sua vita e soprattutto la sua musica.

Il poderoso volume (edizioni Mondadori) “Ennio Morricone. Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita” è frutto di anni di incontri con un suo allievo, il giovane compositore Alessandro De Rosa. Chi ha studiato musica sa il significato così pervasivo del rapporto maestro-discepolo, della guida che assorbe ben presto tanti lati della vita e che rende agevole l’introspezione, lo studio e l’analisi delle musiche, sia quelle più ostiche sia le meno complesse.

“Le nostre conversazioni -scrive De Rosa- iniziarono nel gennaio del 2013. Queste riflessioni nascono così: dalla mia forte determinazione e dalla fiducia di Ennio Morricone, di sua moglie Maria e di tutti coloro mi hanno dedicato il proprio tempo”.  Un libro che svela tappe fondamentali, curiosità, ma che dà anche il giusto senso alla musica, a quell’arte che non si può né toccare né stringere direttamente tra le mani  “Che ha dato filo da torcere a  diversi pensatori della storia, che l’hanno ricondotta alla soggettività come alla matematica, al divenire come all’essere”.  Ecco profilarsi gli attori della musica da chi la produce al medium, all’interprete sino al fruitore.

“Il compositore- scrive Morricone- è condizionato dalla propria cultura musicale, dalle abitudini e dagli stili che pratica e che ha sviluppato nell’arco dei suoi studi e della sua esperienza, della conoscenza dei linguaggi musicali, della storia della musica, o almeno, di quella che dovrebbe conoscere e che magari  non conosce”. Riporta dunque anche ai codici della società e della cultura, sconfinata nei casi più illuminati, proprio come per il premio Oscar.

Ecco, righe franche e decise come quando vi ribadisce l’impossibilità di una universalità perfetta della musica o meglio di tutte le musiche. “Non credo alla musica universale- si legge nel libro-  che parla a tutti nello stesso modo, e quindi non credo neanche a un’incomunicabilità universale, ma a volte per qualcuno accedere a certa musica può risultare difficile”. E non risulta affatto complicato in questi passi comprendere sino in fondo temi come la musica futurista con l’intonarumori, il serialismo integrale, i criteri logici, strutturali e matematici che hanno condotto alla complessità mai raggiunta prima del Novecento maturo. Ad ogni modo comporre significa sempre imprimere una direzione, dare “un senso esteriore e interiore in quel presente incerto”.

Di fatto vengono affrontati uno dopo l’altro gli anni di studio al Conservatorio, le prime conquiste targate Rai e Rca con gli arrangiamenti di brani famosissimi  (ad esempio Se telefonando interpretata da Mina), poi le grandi collaborazioni coi registi italiani che tutti conosciamo fino all’ultimo premio Oscar. Il metodo narrativo procede per tappe e per immagini potenti  dal “Patto con Mephisto” sino a “Mistero e mestiere” e al ruolo fondamentale del silenzio, lo stesso che porta dalla risonanza emotiva allo slancio di una nuova melodia. Interessanti le appendici con diverse testimonianze (Boris Porena, Sergio Miceli, Luis Bacalov, Carlo Verdone, Giuliano Montaldo, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore) seguite dall’elenco cronologico della musica assoluta ed applicata.