La perfezione dei King’s Singers per la GOG

I King’s singers non deludono mai. Passano gli anni e anche le formazioni, che dal 1968 rigenerano le fila di questa storica formazione, nata dall’idea di sei studenti del King’s College di Cambridge, ma la qualità del suono, la quasi perfezione dell’esecuzione e anche l’immancabile ironia che caratterizza il gruppo non vengono mai meno.

Rimane viva anche la voglia di esplorare repertori più moderni rispetto a quello rinascimentale, che ha maggiormente caratterizzato la prima fase della vita di questo ensemble, che ha decisamente contribuito alla riscoperta del repertorio antico.

Il programma presentato ieri al Carlo Felice come inaugurazione della nuova stagione della Giovine Orchestra Genovese, infatti, era un insieme di brani di diversa provenienza, dall’Inghilterra, all’Italia, alla Germania, alla Francia, alcuni dei quali commissionati dal gruppo stesso o arrangiati da alcuni suoi membri, che traeva la sua ispirazione dal mondo degli uccelli e dal loro canto, da cui  il titolo Songbird.

La nuova formazione dei King’s singers

 

I titoli infatti riportavano un riferimento a volte esplicito altre più metaforico al mondo degli “amici pennuti”, come si legge nel programma di sala: da Il bianco e dolce cigno di Arcadelt a Blackbird dei Beatles, da The Pheonix and the turtle di Huw Watkins, su testo di Shakespeare, a Flucht (fuga) di Franz Schubert, da Trois beaux oiseaux du Paradis di Maurice Ravel a Come, blessed Bird di Edward Johson, mischiando epoche, stili e sonorità.

Molto divertente The cuckoo and the pear three di György Ligeti, tratto dai Nonsense Madrigals, che gioca con la parola “cuckoo” in un vortice sempre più surreale e ironico.

Concludeva la prima parte del concerto The musicians of Bremen, composto da Malcolm Williamson per il gruppo, che narra della storia di un asino, un cane, un gatto e un gallo che ormai vecchi e incapaci di soddisfare le esigenze dei rispettivi padroni decidono di andare a Brema a cercare fortuna come musicanti. Sulla loro strada incontreranno dei briganti, intenti a nascondere la refurtiva, scatenando una scena di reciproco spavento, resa perfettamente sia a livello musicale che attorale dai giovani interpreti.

La seconda parte presentava brani che si distaccavano in qualche modo dal titolo del programma spaziando dai Queen con Good old-fashioned lover boy, nell’arrangiamento di Nicholas Ashby e Call me the breeze di Beth Orton, nell’arrangiamento di Christopher Bruerton, entrambi baritoni del gruppo.

II momento più commovente però si è raggiunto con Father Father di Laura Mvula, che ha visto Julian Gregory, tenore, come interprete solista, dimostrando un’estrema delicatezza e dolcezza vocale, oltre ad un’espressività toccante.

Il pubblico numerosissimo è rimasto incantato, divertito e soprattutto impressionato dalla bravura di questo ensemble, andando in visibilio più volte durante la serata e tributando applausi scroscianti ad ogni brano, cimentandosi persino nel famoso Happy Birthday to you, dedicato a Christopher Bruerton, il quale ieri compiva gli anni e che ha simpaticamente assecondato i suoi colleghi che dirigevano la sala.

Infine la serata si è conclusa con il bis di Yesterday di John Lennon, resa molto sognante dalla bella voce del primo controtenore Patrick Dunachie.

Abbiamo notato con piacere che la sala brulicava di ragazzi e ragazze e ci conforta  constatare come i King’s Singers riescano, attraverso la  loro poliedricità, a raggiungere anche i giovani, non solo interpretando bella musica, ma anche offrendo una performance che rasenta la perfezione, educando l’orecchio del pubblico a ben più alti livelli di ascolto di quelli che spesso vengono proposti, non solo in televisione, ma a volte anche in teatro.