All for Beethoven, il ritmo che segue il battito cardiaco

Ieri sera si è tenuto presso il Salone di rappresentanza di Palazzo Tursi il penultimo concerto del Festival Musicale “Le Vie del Barocco”, che giunto alla XXVII edizione offre ai suoi spettatori concerti di artisti nostrani e internazionali in alcune tra le più belle locations della nostra città. L’appuntamento di ieri sera era dedicato a Beethoven nell’anno del 250° anniversario della nascita del compositore. La serata, articolata in una conferenza e un concerto con soli brani pianistici tutti del compositore, si proponeva di analizzare un’ipotesi avanzata da uno studio pubblicato sulla rivista “Perspectives in Biology and Medicine”, secondo cui la musica del compositore ed in particolare alcuni ritmi da lui utilizzati potevano essere ispirati al battito del suo stesso cuore, battito irregolare vista l’aritmia cardiaca di Beethoven, uno dei diversi problemi fisiologici che lo hanno tormentato negli ultimi anni di vita. Un’ipotesi del tutto nuova e interessante che ci incuriosiva e  che avrebbe reso la musica di Beethoven ancora più vicina alla nostra percezione fisiologica. Purtroppo però né nella conferenza prima del concerto né nella presentazione del programma è stato menzionato quanto affermato dalla suddetta rivista. Ci si sarebbe aspettata un’analisi ritmica finalizzata a verificare la veridicità dell’articolo scientifico ma di tutto questo non si è fatto alcun cenno.

Interessante, comunque, la conferenza, “Acustica per orecchie d’asino” del prof. Giulio Manuzio che si premette al concerto, fa un breve excursus su cosa fisicamente sia un tono puro e una nota pura per arrivare a spiegare perché determinati sistemi, scale e intonazioni siano stati preferiti ad altri a partire dalla percezione che abbiamo noi uomini delle fondamentali e delle diverse frequenze armoniche dei vari suoni. La conferenza è comunque chiara nella sua esposizione e grazie alle slides presentate si fa seguire da tutto il pubblico composto da musicisti e non.

Alla conferenza segue quindi il concerto. Il programma presenta tre brani, tre composizioni di Beethoven il do minore, la stessa tonalità in cui è stata scritta la Quinta Sinfonia, un percorso pensato ed organizzato per mostrare al pubblico l’uso vario ed egregio che il compositore ha fatto di questa sua prediletta tonalità. È lo stesso esecutore, il direttore d’orchestra, pianista e organista, Robert Lehrbaumer a invitare il pubblico ad ascoltare i tre pezzi e a compararli per vedere come Beethoven trovi modalità estetiche ed armoniche totalmente diverse per creare composizioni su questa stessa tonalità. Essendo che i lavori poi vanno dall’op.10 all’op.80 si ricrea il percorso che fa di Beethoven il compositore ponte tra il Classicismo e il Romanticismo.

Il primo brano è la Sonata in do minore op. 10, una sonata all’ascolto semplice ma di difficile esecuzione che Lehrbaumer suona con maestria riuscendo a valorizzare ogni singola voce e nota ma interrompendo a volte quelle che sono le frasi sempre legate e consecutive che usa Beethoven nelle sue opere e che all’ascolto sembrano un continuum, un fiume così ben delineato e impossibile da fermare. L’Adagio che, insieme a quello della sonata successiva è tra i più belli del compositore che proprio per i suoi movimenti lenti ha saputo distinguersi, viene realizzato con gusto mentre nel Finale il pianista mostra tutta la sua abilità e il suo ottimo tocco.

Il secondo brano è la Sonata in do minore op.13 “Patetica” che presenta una importante novità strutturale: il primo movimento inizia con un Grave che precede l’Allegro, il che crea quel gioco di opposizioni che tanto a Beethoven piaceva ricercare. L’esecuzione dell’intera sonata è notevole se non fosse per qualche finale di frase che ci è parso poco curato.

L’ultimo brano, la Fantasia corale in do minore op.80, è una versione per pianoforte realizzata dallo stesso Lehrbaumer, in seguito ad una “non esecuzione” dell’opera che doveva essere eseguita a Giugno e che aveva visto il suo annullamento a causa della pandemia. Allo stesso modo in cui Liszt aveva trascritto alcune opere di Beethoven, tra cui alcune sinfonie, Lehrbaumer ha cercato quindi di creare una versione pianistica di quest’opera il cui organico è composto da un pianoforte, da un’orchestra e da un coro che canterà a sei voci nella parte finale del brano. Quest’opera, non tra le più famose del compositore, presenta però numerose anticipazioni di quella che poi sarà la IX Sinfonia, non solo per la presenza del coro che canterà alla fine del brano ma anche per il tema principale che ricorda, anche se in un’altra tonalità, quello dell’Inno alla Gioia.