La grafia del dolore e del piacere che scortica l’anima, la punta di una scarpetta di ballo liturgicamente posta in primo piano, novelli ingranaggi di un orologio, musica popolare e sonorità francesi, cadenze orientali, il rumore rotolante dell’acqua e della natura, le pulsioni ritmiche live di jB Meier e Thierry Hochstätter di Citypercussion, partendo da un incipit in cui sembra di essere all’interno di una scuola di danza per rimanere letteralmente avvolti nelle spire di un climax via via in crescendo. Sono le sensazioni che tatuano la pelle del profano, di quella larga parte di pubblico unita a tanti specialisti di settore e intellettuali, che hanno avuto il privilegio di assistere al grande evento di martedì 19 luglio al Nervi Music Ballet Festival per la data italiana del Béjart Ballet.
Impressioni che si accavallano e non si sciolgono sul finire di una scena, solo sfumata e subito proiettata direttamente a quella successiva, in un’alternanza tra parti solistiche assolute e composizioni corali perfettamente orchestrate. Applausi a fiume e presenze record per una notte celebrata e da ricordare che fa eco, per intensità, al successo del passato al Teatro Carlo Felice, ad esempio, e alla Scala di Milano. Un intreccio con la memoria che è eredità, ma anche tanta voglia di stupire, ben recepita dai presenti, cullati nella malia di due tempi molto diversi tra loro, a sottolineare ancora una volta il gioco tra anime opposte, l’altalena dei sentimenti, dell’eros e del thanatos, sottile linea tra vita e distruzione, per “t’M et variations…”.
Attualissime le ipnotiche variazioni sul tema dell’amore (la coreografia proposta è di 6 anni fa), tra le vette più alte firmate Gil Roman, 40 anni di carriera e attuale direttore della compagnia. A delineare a fuoco l’evento la colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis e il light design di Dominique Roman, talmente vivo da ricordare piuttosto arte scritta con la luce, richiamando ancora una volta il gesto della grafia, quell’unione tra cuore e mente capace di attivare tutto il corpo, la creatività pura e l’immaginazione. Eppure tutto questo non sarebbe bastato, perché l’attesa e l’aspettativa era indirizzata verso il momento finale sulle note di Ravel, celebrazione rituale degli impulsi e del subconscio contemporaneo, riportata ai gesti iniziatici di un cerchio ‘magico’ che va a formarsi attorno a quel tavolo di Boléro sovradimensionato su cui tutte le étoile sognano di salire, per il balletto cult di Maurice Béjart. Tornano alla mente, in un cassetto affastellato della memoria, Jorge Donn, Majja Plisetskaja, Carla Fracci, Roberto Bolle, Sylvie Guillem…
A Nervi la compagnia condotta da Elisabet Ros dal buio assoluto iniziale è riuscita ad accendere una pura fiamma, coinvolgendo sull’incalzare ritmico corpi allo stesso tempo domati e avvinti, sino a lasciar voce a tutte le parti, in armoniche dissonanze. Questo è il senso delle coreografie immortali che riescono a tradurre in sequenza la musica, in questo caso la rielaborazione raveliana di una danza spagnola nata a fine del Settecento e assunta a modello artistico di valore con Weber, Chopin e diversi autori del secolo scorso. Se nella partitura si distingue la famosa melodia di trentadue battute anche i danzatori via via seguono il crescendo inarrestabile e sempre più liberatorio, così scandito, che risolve la tensione carnale. Uno stato volutamente sovraesposto dall’allusivo movimento delle anche, culminante nell’apice di un do maggiore, la tonalità originale. Ben oltre il più profondo godimento estetico e carnale, il Boléro di Béjart resta una delle più alte forme della filosofia della danza, non distante dal cinema (Les uns et les autres di Claude Lelouch agli inizi degli anni Ottanta fece conoscere su larga scala la coreografia ideata nel 1961 per il ballerino Jorge Donn). E in un solo quarto d’ora.
Béjart Ballet Lausanne
Sin dalla sua nascita nel 1987, il Béjart Ballet Lausanne è un punto di riferimento nel mondo coreografico. Successore scelto da Maurice Béjart, Gil Roman guida la compagnia e ne conserva la tradizione di eccellenza artistica, sin dalla scomparsa del Maestro nel 2007. Il desiderio di Maurice Béjart è sempre stato di aprire il mondo del balletto a un pubblico più vasto. Animati dal suo stesso spirito, Gil Roman e i suoi ballerini si esibiscono in tutto il mondo. Il Béjart Ballet Lausanne è una delle pochissime compagnie in grado di riempire vasti spazi come la NHK Hall di Tokyo, il Palazzo di Stato del Cremlino di Mosca, l’Odeon di Herodes Atticus ad Atene, il Palais des congrès di Parigi, la Forest National di Bruxelles o il Patinoire di Malley-Lausanne. Dal 2007, con la sua ricerca e il suo lavoro sulla creazione contemporanea, Gil Roman mantiene e sviluppa il repertorio del Béjart Ballet Lausanne. Il lavoro di Maurice Béjart è al centro di questo repertorio, con coreografie emblematiche, come Le Sacre du Printemps, Boléro, La IXe Symphonie o Ballet for Life. A sua volta Gil Roman ha voluto alimentare la varietà di questo repertorio, con Piaf o La Flûte enchantée per esempio. Coreografo da oltre 20 anni, il Direttore artistico ha nutrito tale repertorio con le proprie creazioni, assieme a quelle di Alonzo King, Tony Fabre, Christophe Garcia, Giorgio Madia, Julio Arozarena, Yuka Oishi che hanno contribuito allo sviluppo creativo del Béjart Ballet Lausanne. La compagnia rimane quindi fedele alla sua vocazione: preservare il lavoro di Maurice Béjart, pur rimanendo uno spazio di creazione.
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