Ciandelli fra Paganini e Caruso

La scuola violoncellistica di Gaetano Ciandelli e Enrico Caruso e la Scuola ciandelliana sono due preziosi volumi che la studiosa Enrica Donisi ha dedicato alla figura artistica e umana del violoncellista Gaetano Ciandelli.

Napoletano, Ciandelli (1801 – 1856) nato in una famiglia di musicisti, fu avviato giovanissimo allo studio del violoncello.

Nel 1819 nella sua città conobbe Paganini con il quale allacciò una profonda amicizia non solo professionale; l’artista genovese gli fu maestro nella tecnica del virtuosismo e della composizione e lo seguì con attenzione nella successiva carriera: «Giubilo non poco – gli scriveva da Livorno nel 1827 – in vedervi primo violoncello al teatro di S.Carlo e tal piazza si doveva al primo violoncello dell’Italia qual voi siete…». E nel 1828 da Vienna: «Datemi vostre nuove e credetemi ansioso di sapervi in cammino per Nord dell’Italia nello scopo di un utile e stabile collocamento che di tutto cuore vi desidero e con giusto fondamento spero…».

Paganini

Enrica Donisi, laureata in Lettere e Filosofia, dottore di Ricerca in Storia, Scienze e Tecniche della Musica (Università di Roma Tor Vergata), specializzata in Didattica delle musica ed abilitata all’insegnamento di Filosofia e Storia nei Licei e di Storia della Musica nei Licei musicali, da anni si dedica allo studio non solo di Ciandelli, ma anche dell’ambiente napoletano dell’Ottocento così ricco di stimoli culturali e artistici.

Nel primo volume (edito da Lim) la studiosa inserisce dunque Ciandelli nel contesto storico-culturale del tempo evidenziandone la rilevanza e l’eredità lasciata ai musicisti successivi.

La sua tesi è che la rinascita della musica strumentale dell’Ottocento in Italia si debba alla Scuola violoncellistica di Napoli, grazie al caposcuola, Gaetano Ciandelli (dal 1830 docente al Conservatorio di S.Pietro a Majella), ai suoi allievi Salvatore Pappalardo e Paolo Rotondo, e a Isidoro Boubèe. In questa ottica il libro è  ricco di documentazione e apre una interessante finestra su un aspetto meno indagato della storia musicale italiana del XIX secolo.

Caruso

 

L’indagine prosegue nel secondo volume (in uscita con Guida editori) incentrato sulla figura di Enrico Caruso del quale la Donisi ricostruisce con attenzione la formazione, individuando i punti di contatto con l’ambiente napoletano e in particolare con la scuola ciandelliana: «La mia voce è un violoncello» dichiarava il grande tenore. Il libro dunque attraverso Caruso approfondisce l’eredità della scuola ciandelliana spaziando in altri campi musicali.

«Lo studio del partimento e dell’alta composizione – si legge nelle note di copertina – le arditezze contrappuntistiche, i pezzi strumentali virtuosistici, la pari dignità riservata a tutti gli strumenti, la forte sensibilità alla sperimentazione timbrica e alle potenzialità degli strumenti, i richiami alla musica tedesca, la varietà delle melodie, napoletane o di sapore orientale, rendono conto dell’elevata qualità musicale della Scuola ciandelliana e delle contaminazioni reciproche fra i vari “generi”. Ne beneficia pure la musica napoletana. Le più famose canzoni napoletane sono state composte dai ciandelliani». Ed è interessante citare un parallelo che la Donisi propone nella prima parte del volume fra Paganini e Caruso, traendolo da uno studio di primo Novecento di Tortorelli: «Come Nicolò Paganini sapeva trarre dal suo magico legno cento, mille voci, mille note diverse, che creavano l’ammirazione, il pianto, la esaltazione negli spettatori, così Enrico Caruso trae dalla sua gola magica suoni e figure più diverse ed inattese che raggiungono direttamente il cuore, colpiscono ed eccitano la fantasia fino al delirio. Paganini e Caruso rappresentano, ognuno nella propria arte, quanto di più alto ed eloquente possa esprimere un artista, un esecutore, sorretto dal Divino dono di una forza sovrumana».