“Cos’è di destra, cos’è di sinistra”. Lo cantava Giorgio Gaber nel suo straordinario teatro-canzone degli anni Settanta. Un osservatorio, il suo, acuto, ironico, grottesco che a distanza di circa mezzo secolo mantiene, purtroppo, la sua carica di attualità.
Se ne è reso conto il pubblico che ieri sera ha gremito il Teatro Duse dove, nell’ambito del cartellone del Teatro Nazionale, ha esordito Libertà obbligatoria uno degli spettacoli più fortunati di Giorgio Gaber e Sandro Luporini che risale al 1976.
A riproporlo in un adattamento, il regista Emilio Russo e un cast eccezionale formato dalla cantante e polistrumentista Andrea Mirò (voce e personalità splendide), dagli attori Enrico Ballardini, Lisa Galantini e Gianluigi Fogacci e dal gruppo strumentale “Musica da Ripostiglio”.
In Libertà obbligatoria, in un susseguirsi di racconti graffianti e di splendide canzoni, Gaber e Luporini celebravano ironicamente la fine dei sogni del Sessantotto, la deriva della sinistra, la sottomissione dell’Europa agli States. Certo, alcuni riferimenti oggi sembrano datati: non ci sono più gli Andreotti, i Fanfani e i Rumor a spartirsi le poltrone, ma i problemi di base (la sinistra che si perde, i partiti che scivolano l’uno sull’altro, perdendo la propria identità e i propri valori) sono sempre lì a pesare sulla nostra società.
Nel riprendere il testo Emilio Russo ha voluto mantenere i riferimenti a quegli anni, evitando inutili attualizzazioni e ha immaginato una sorta di teatro nel teatro, con una prima parte (precedente all’alzarsi ideale del sipario) in cui gli artisti mettono a posto il palcoscenico per prepararsi alla recita e intanto discutono, fra loro di politica, di futuro, di aspettative introducendo così i temi di Gaber e Luporini. Di lì poi si entra in quello che si presenta come lo spettacolo “ufficiale”.
Russo conferisce al lavoro un buon ritmo narrativo, ben assecondato dagli artisti che si calano perfettamente nelle atmosfere di Gaber.
Bellissime alcune gag: l’incontro con Gesù e con Marx, il monologo sugli americani. E poi alcune canzoni che fanno parte del miglior Gaber: su tutte Le elezioni, quella in cui l’elettore alla fine si porta via la matita perfettamente temperata!
Uno spettacolo, insomma, ben confezionato e che a distanza di cinquant’anni sa ancora far riflettere.