Un Falstaff burlone al Carlo Felice

Grande attesa ieri sera al Carlo Felice per il Falstaff di Verdi – settimo appuntamento della stagione – che ha visto una sala gremitissima per il debutto cittadino di Ambrogio Maestri nei panni di Sir John.

Ultimo capolavoro del compositore bussetano, è un’opera che si discosta molto dal classico repertorio di Verdi. Si tratta, infatti, di una commedia straordinaria in cui musica e drammaturgia sono totalmente compenetrate in un continuum musicale fatto di brevi spunti melodici, piuttosto che delle classiche “arie” settecentesche e ottocentesche.

Tratta dalle Allegre comari di Windsor di Shakespeare su libretto di Arrigo Boito la vicenda è ambientata nell’Inghilterra del XV secolo all’osteria della Giarrettiera di Windsor dove il vecchio, opulento e squattrinato sir John Falstaff decide di sedurre due ricche donne, Meg ed Alice, col fine di ottenere il denaro dei relativi mariti. 

Purtroppo per lui però Alice e Meg sono amiche e scoprono di aver ricevuto la stessa identica lettera d’amore da Falstaff. Decidono così di fargliela pagare e architettano un piano coinvolgendo anche l’amica Quickly e la giovane Nannetta, figlia di Alice. Ma non sono le sole a volersi vendicare di Sir John: infatti, dall’altra parte vi sono Bardolfo e Pistola, gli ex servi di Falstaff che si uniscono al marito di Alice, Ford, e al suo amico Cajus nell’intento. In sottofondo poi vi è la storia d’amore tra Nannetta e Fenton che Ford non approva.

Il regista Damiano Michieletto ha deciso di ambientare la storia nella Casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi di Milano come se Falstaff fosse un anziano cantante del passato e rivivesse la sua storia, ricordando i suoi anni migliori.

Alzato quindi il sipario che aveva proiettata la facciata di Casa Verdi, il pubblico si è trovato introdotto all’interno del salone della stessa con un gruppo di persone anziane sedute nelle poltrone e sui divani e una pianista che accennava alcuni temi verdiani. 

Tale scena d’impianto è rimasta praticamente inalterata per tutta l’opera sia nel primo e nel secondo atto in cui l’azione si svolge appunto nell’osteria sia nel terzo in cui la vicenda si sposta nel parco di Windsor, reso con qualche pianta in vaso posizionata nel salone.

Questa scelta, pur apprezzabile nell’ambito del “teatro nel teatro”, insieme a quella di tenere i personaggi quasi sempre costantemente sul palco hanno creato qualche perplessità e incomprensione nel pubblico. Si è visto così Falstaff ordinare il vino all’oste all’interno della casa di riposo e senza oste e perennemente accompagnato dal suo amato divano fino alla scena finale, in cui viene inscenato addirittura il suo funerale. 

Dal punto di vista musicale la bacchetta di Jordi Bernàcer è stata messa a dura prova di fronte a una partitura molto complessa per gli incastri e l’equilibrio fra palco e buca con un esito non sempre felice. Molto applaudito Ambrogio Maestri che ha reso con grande esperienza e abilità un Falstaff ironico e canzonato. Al suo fianco lodevoli i compagni di cast: Erika Grimaldi (Alice), Sara Mingardo (Quickly), Ernesto Petti (Ford), Galeano Salas (Fenton), Blagoj Nakoski (Cajus), Oronzo d’Urso (Bardolfo), Luciano Leoni (Pistola), Caterina Sala (Nannetta) e Paola Giardina (Meg).

Repliche fino giovedì 13 marzo.