La Congiura del Fiesco: la storia di Genova in piazza

Nel 1843 il drammaturgo spagnolo Antonio Garcia Gutierrez scrisse un dramma ambientato a Genova, Simon Boccanegra, incentrato sulla autorevole figura del primo doge della città.

Una sessantina d’anni prima, il grande scrittore tedesco Schiller aveva affrontato un’altra pagina della storia genovese, in La congiura del Fiesco. La data di composizione è significativa: il 1783, ovvero pochi anni prima della caduta della gloriosa Repubblica genovese e circa un anno dopo il rivoluzionario testo dei Masnadieri che al giovane Schiller era costato il carcere.

In comune i due drammi  hanno l’idea di fondo: un grande affresco storico, in entrambi i casi incentrato su una congiura politica, nella quale si inseriscono gli intrighi personali. Non paragonabili sul piano qualitativo, naturalmente, i due drammi hanno avuto destini diversi: il primo deve la sua fama alla doppia trasposizione operistica che ne fece Verdi  componendo la più straordinaria storia di Genova in musica; il secondo, ricco di fermenti passionali, è una grande tragedia che non a caso l’indimenticabile Ivo Chiesa avrebbe voluto mettere in scena, incaricando Marco Sciaccaluga di studiarne un progetto.

Ieri sera è stato il figlio Carlo Sciaccaluga (nella doppia veste di regista e traduttore del testo) a regalare finalmente ai genovesi un pezzo importante della loro storia. La Congiura del Fiesco, prodotto dal Teatro Nazionale, è stato realizzato in piazza San Lorenzo, una scelta coraggiosa e vincente con i  personaggi che hanno scritto una pagina fondamentale della grande Repubblica marinara calati nel pulsare del centro cittadino in uno stimolante rapporto fra passato e presente.

Aldo Ottobrino (Giannettino) e Silvia Biancalana (Lomellini)

 

Il testo, dunque,  rievoca la congiura contro Andrea Doria ordita da alcuni suoi nemici  (tra i quali Gian Luigi Fieschi) nel 1547 per spodestarlo: il dramma investe non solo la sfera politica ma fa emergere le differenti passioni dei singoli personaggi, dalla sfrenata ambizione di Giannettino al saggio paternalismo di Andrea Doria, dalla cieca fiducia negli ideali repubblicani di Verrina alla sofferente ambiguità di Fiesco.

Sciaccaluga ha lavorato con attenzione alla traduzione,  utilizzando qua e là anche il genovese per una maggiore caratterizzazione della storia. E ha creato un’azione che si inserisce nello spazio aperto in una dialettica estremamente funzionale e incisiva. Una lunga passerella centrale  (scene e costumi sono di Anna Varaldo) parte dal Palazzo di fronte alla Cattedrale e scende fino quasi alla scalinata della Cattedrale stessa. San Lorenzo, imponente e austera si anima di proiezioni (curate da Davide Riccardi) che si rifanno ai quadri di Bosch per dare corpo ai demoni dei personaggi. E questi si muovono fra il Palazzo, la passerella, la scalinata della Cattedrale dove finiscono pure per “interagire” con i passanti trasformati loro malgrado in comparse di una grande rappresentazione storica. La posizione della passerella centrale rispetto alla disposizione del pubblico ha obbligato Sciaccaluga a concepire uno spettacolo non frontale ma a 360° : operazione complessa ma perfettamente riuscita, come felicemente risolta è anche la caratterizzazione dei personaggi a ognuno dei quali il giovane regista ha conferito uno specifico stile di recitazione atto a svelarne il carattere e i sentimenti più profondi.

Andrea Doria alla finestra (Andrea Nicolini) e Fiesco (Simone Toni)

 

Fra danze (i movimenti coreografici erano di Alessandra Manari), duelli (maestro d’armi, Giovanni Sciaccaluga), monologhi, scontri appassionati, in un’atmosfera tetra e tesa, l’azione si snoda fluida per circa due ore catturando gli spettatori sistemati nelle due “platee” intorno alla passerella, nella scalinata della Cattedrale e in piedi ai margini della piazza. Ottimi gli attori:  Simone Toni (al termine claudicante probabilmente per una botta presa durante la concitazione della congiura) ha reso magnificamente la complessa figura di Fiesco, Aldo Ottobrino ha costruito con abilità la contorta personalità di Giannettini, Roberto Serpi è stato un autorevole Verrina, Andrea Nicolini (autore anche delle musiche) ha dato corpo e voce profonda al vecchio Andrea Doria. Intorno a loro gli altri componenti del cast, tutti perfettamente in parte: Francesco Sferrazza Papa (Borgognino), Marco Grossi (Calcagno), Silvia Biancalana (Lomellini). Maurizio Bousso (Muley), Barbara Giordano (Eleonora), Irene Villa (Giulia), Chiara Vitiello (Berta), Melania Genna (Arabella).

Applausi calorosissimi e meritati. Repliche fino al 4 luglio.